Scritto da: Gaia Trevisan
Prima o poi i nostri figli ci chiederanno come abbiamo potuto permettere che questo dolore ci anestetizzasse. Abbiamo lasciato che l'Isis entrasse nelle nostre case. Abbiamo permesso l'uccisione di milioni di persone: li abbiamo respinti, lasciandoli al confine. I nostri nipoti ci chiederanno la differenza tra un campo di concentramento e i campi in Macedonia. Come potremo trovare risposte? Noi che siamo i figli dell'11 settembre, come potremo guardare negli occhi i nostri di figli e non sentire le mani sporche di sangue? Ci eravamo detti "mai più". Invece ogni giorno in Pakistan o in Siria muoiono persone, che sono genitori, fratelli, figli, cugini. Smettiamola di chiamarli "immigrati", sono persone. Scappiamo dallo stesso nemico, ma la differenza è trovarsi dalla parte giusta del confine. Vengono qui perché l'Europa è un grande sogno: le sue fondamenta sono intrise di pace. Ma quest ultima è un diritto solo se sei stati fortunati a nascere in Europa. I nostri figli guarderanno ciò che abbiamo fatto e avranno delle domande da farci: ci chiederanno dei nostri ricordi, di quello che diceva la tv. E invece noi vorremo solo dimenticare, perché abbiamo contribuito alla scrittura di una nuova pagina di storia da strappare della razza umana.
Composto martedì 29 marzo 2016

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