Scritta da: Florentino
Non date fede ai vecchi manoscritti, non credete una cosa perché il vostro popolo ci crede o perché ve l'hanno fatto credere dalla vostra infanzia.
Ad ogni cosa applicate la vostra ragione; quando l'avrete analizzata, se pensate che sia buona per tutti e per ciascuno, allora credetela, vivetela, e aiutate il vostro prossimo a viverla a sua volta.

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    Scritta da: Florentino

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    postato da , il
    Beh -che dire!?- è affascinante questa immagine molto romantica del filosofo super-uomo, un essere evidentemente non umano e astratto da qualsiasi contesto e relazione, unica figura che può "esprimere un concetto e divulgarlo in modo ineccepibile ed obiettivo (...)in quanto scevri da qualsivoglia sistema utile o servile"; peccato che una tale generalizzazione dogmatica non sia affatto diversa da tutte quelle che ha cercato di contrastare negli interventi precedenti.
    Quando accennavo all'impelagarsi nell'annoso problema della lotta tra ragione e sentimento invitavo a tralasciare del tutto l'argomento, visto che ai fini del nostro discorso è irrilevante! Gli argomenti che una persona può addurre ad un'idea non sono per forza di cose razionali, e nella realtà di ogni giorno ci troviamo a dover dibattere tanto l'idea di Dio come causa e motore primo, oppure come intelligent designer (insomma, argomenti costruiti su un sistema il più possibile logico), quanto sentenze del tipo "ma non la senti come la sensazione che qualcuno lassù ti protegga?" che fanno appello insomma a sentimenti più primitivi, di pancia, che con la ragione nulla hanno a che vedere: una persona ha il diritto di sentire, provare e proporre entrambi questi tipi di argomentazioni, così come, in un dibattito, ognuno ha il diritto di controbatterli e contestarli. Se quella persona avrà senno ammetterà eventuali dissonanze e rivedrà le sue idee, se necessario, così come farà il secondo contendente.
    Tornando alla mia tesi iniziale, e concludendo: non esiste contraddizione tra l'applicare la propria ragione a delle idee e a diffonderle, se ritenute valide, a patto che il processo di ragionamento non cessi mai di accomodarsi ai nuovi dati e ai nuovi spunti con i quali si viene in contatto, e a patto che non si faccia nulla per ostacolare lo stesso processo nelle persone a cui ci rivolgiamo. Su quest'ultimo punto, certo, rimango decisamente un idealista, e nel mondo dell'indottrinamento delle masse ci reputo ben lontani dal raggiungere questo livello, ma stiamo facendo un ragionamento molto astratto, visto che parte da un'aforisma di poche righe, e non mi pare il caso di dilungarmi oltre con i distinguo.
    Cari saluti.
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    postato da , il
    Non volevo impelagarmi in un dibattito spinoso quale quello della lotta tra ragione e sentimento. Evidentemente non ho le nozioni di filosofia che Lei mostra di possedere ma mi pare che la generalizzazione eccessiva non sia tanto nell'estremizzare la distanza tra ragione e sentimento quanto nel considerare ogni forte convinzione come predisponente al fanatismo. Se una persona, fortemente convinta di qualcosa, dovesse perdere le facoltà di giudizio -tra cui la più importante, quella di rivedere le proprie posizioni sulla base di evidenze contrarie o opinioni altrui, ed eventualmente modificarle- questo sarebbe certo dovuto ad un suo grande limite, non all'idea in sè. Sono a contatto quotidiano con studiosi che ricercano, studiano, insegnano e verificano le teorie scientifiche dominanti nel mio ambito e, mi creda, credo proprio che nessuno di loro esiterebbe più di qualche secondo a rinnegarle completamente, alla luce di evidenze contratanti. Questo non toglie che le stesse persone siano, fino a queste nuove scoperte, tenute a diffondere e propugnare le teorie al momento più esaustive e razionali, in quanto le migliori a nostra disposizione. Certo le ho fatto un esempio un po' fuorviante, trattandosi la scienza di un'entità dinamica e per sua natura in divenire, ma non vedo motivi per cui dovrebbe essere altrimenti per le religioni: sono gli uomini ad essere limitati quando diventano fanatici, non le idee che vengono avanzate.
    Peraltro nella citazione, che presenta tutti i limiti di un'aforisma, non si accenna al modo in cui questa opera di divulgazione dovrebbe essere svolta, e nulla impedisce che, in accordo con la prima parte della citazione, questo lavoro venga svolto con senno e con l'uso della propria ragione, e, importante, la stessa ragione venga espressa nel rapporto con l'altro (che è tenuto, da parte sua, ad utilizzare il suo ingegno) nei termini di un dibattito costruttivo e pronto a riconoscere i punti di debolezza delle proprie tesi.
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    postato da , il
    Ma perché continuate a ripetere che le due parti sono in antitesi? A me non sembra proprio, lo dico da ateo convinto e sereno: una volta che la ragione (più spesso è il sentimento, ma vabbè) ti porta a credere fortemente in qualcosa, e ad un qualcosa che credi porti del bene, perché non diffonderla? Certo le persone alle quali ti rivolgi dovranno, a loro volta, analizzare quanto da te detto (ripetere punto 1, e così via) e intraprendere un percorso autonomo.
    Che poi la ragione non possa portare a certe conclusioni metafisiche quali quelle contenute in tutte le religioni esistenti è un altro paio di maniche.
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    postato da , il
    beh però.. apparte che il "non credere a priori a ciò che dicono gli altri" non implica il "non dire agli altri ciò in cui si crede".. quindi non vi è alcuna antitesi o controsenso. quel che secondo me stona è il punto finale "aiutate il vostro prossimo a viverla a sua volta": a cui aggiungerei "se la pensa anche lui uguale ed una volta che anche lui l'abbia analizzata". :)

    cmq è:
    "Non devi credere a nulla, non importa quale ne sia la fonte, nemmeno se la fonte di questa conoscenza fossi io stesso, a meno che non sia affine alla tua ragione e al tuo buon senso." Siddharta Gautama, il Buddha.

    Quale altra religione parte da questi presupposti?
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    postato da , il
    dev'essere stata, da dopo il punto e virgola, un'aggiunta di chi ha postato l'aforisma.

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