Scritto da: Angelo Vozzella

Poi l'arcobaleno

Una città fantasma, bagnata dalla pioggia. Un acquazzone spento come con un clic appena ho aperto l'ombrello. Poltiglia di cartoni sul marciapiede. Pietre laviche scivolose e pozzanghere. Un campanile segna l'ora del tramonto e la città è cupa e vuota. Tra gli alberi bagnati e i lampioni che illuminano le targhe ai caduti sui monumenti, tutto ciò che sembra non esserci si è forse nascosto dentro di me. Un piccione coraggioso attraversa la strada, muove la testa come se stesse ascoltando la musica che mi accompagna dalle cuffiette in questa passeggiata solitaria. Qualche goccia mi bagna i capelli cadendo dai cornicioni delle case silenziose. Rumore di stoviglie dalle finestre. Un uomo fuma affacciato e bagna i gomiti del pigiama appoggiandoli alla ringhiera del balcone. Vorrei correre ma l'asfalto è scivoloso. Sedermi, ma le panchine sono bagnate. La tua finestra è chiusa. So, per certo, che sei lì affacciata sul mondo. Scavi anche tu il senso di queste strade deserte di maltempo. Ancora una volta, non so perché, sono contento. Come fanno i tuoi occhi a non essere bui se il cielo è grigio? Allora l'asfalto diventa uno scivolo, le mie scarpe inzuppate i pattini. Correndo per la rincorsa perdo le cuffiette e ascolto la musica del fruscio tra gli alberi. Ascolto il suono dell'attrito sotto i miei piedi. Ascolto il mio fiatone forte. Bagno il mio jeans attillato sulla panchina per riposare. Anche il silenzio diventa musica. In questa piazza che sembra uno stagno, ci sono solo io ad ascoltare. L'amore non è altro che il desiderio di condividere con te una cuffietta, spostandoti i capelli e avvicinarla al tuo orecchio. Poi l'arcobaleno.
Composto venerdì 16 dicembre 2011

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