Scritto da: Marianna Mansueto
Sì, a partire da quel giorno, ci fu in me un uomo che non conoscevo. Volli usare tutti i miei rimedi, il chiostro, l'altare, il lavoro, i libri. Follia! Oh! Quanto suona cava la scienza quando si và a sbatterle contro con disperazione una testa piena di passioni! Sai tu, fanciulla, cosa vedevo sempre ormai tra il libro e me? Te, la tua ombra, l'immagine dell'apparizione luminosa che aveva un giorno attraversato lo spazio davanti a me. Ma quell'immagine non aveva più lo stesso colore; era cupa, funebre, tenebrosa come il cerchio nero che perseguita a lungo la vista dell'imprudente che ha guardato fisso il sole.
Non potendo sbarazzarmene, sentendo sempre la tua canzone ronzarmi dentro la testa, vedendo sempre i tuoi piedi danzare sul mio breviario, sentendo sempre di notte in sogno la tua forma scivolare sulle mie carni, volli rivederti, toccarti, sapere chi eri, vedere se ti avrei ritrovata davvero simile all'immagine ideale che mi era rimasta di te, infrangere forse il mio sogno contro la realtà. In ogni caso, speravo che una nuova impressione avrebbe cancellato la prima, e la prima mi era diventata insopportabile.
Ti cercai. Ti rividi, Sciagura! Quando ti ebbi vista due volte, volli vederti mille, volli vederti sempre. Allora - come fermarsi su quella china infernale? - allora non appartenni più a me stesso. L'altro capo del filo che il demonio mi aveva attaccato alle ali, lo aveva annodato a tuo piede.

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