Un bambino dalla pelle rattrappita, una cascata di capelli incanutiti. Vecchio fin dentro alle ossa. In mano un succo di frutta in bottiglietta, sorbito con tremante cannuccia. Mi alzo per cedergli il posto e lui, con passo malfermo, si avvicina e ne occupa appena pochi centimetri sul bordo. Indossa vecchie scarpe impolverate, pantaloni unti e scoloriti. È chiaro che vive solo; i genitori sono troppo lontani e non può curarsi da sé. Continua a suggere il suo prezioso succo, come se stesse bevendo latte materno, e lentamente, per farlo durare a lungo. Negli occhi affossati e sottili si inseguono rapidi l'immanente, i trascorsi e l'incombente e lui non è in grado di reperirne il bandolo. Così, se ne sta là con l'espressione di chi permane al di fuori del mondo e del tempo in un non-luogo che oramai non riconosce come suo ed in un tempo che lo ha profondamente rinnegato.
Composto mercoledì 18 aprile 2012

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