Poesie inserite da Enzo Di Maio

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Scritta da: Enzo Di Maio

Povero popolo

Povero popolo mio, sei nato rassegnato,
sò passati secoli, e t'hanno
sempre dominato.

Tedeschi, Francesi, Saraceni e Papalini
qui pe tutti è stata festa
e mai na vorta sei riuscito
a arzà la testa.

Stai sempre ad aspettà che piove
ma na pianta, se nun jè dai acqua
prima o poi te more.

Nun sei mai stato fiero
e te sei sempre consegnato a lo straniero.
Nun hai ritegno e dignità
e manco t'accorgi che te stai a suicidà.

Te venni er voto ad ogni intruso fanfarone
che s'arricchisce e t'ammazza,
de fumo e de carbone.

Pe te er concittadino
è sempre stato un gran cretino,
un deficiente che nun sà fà niente,
ar contrario der forestiero
che è bello, bravo e intelligente.

E qui te devo dà pure ragione,
è vero, ce capisce
ma t'ha fatto sempre
er culo a striscie.

Continua così. me raccommanno,
e nun te preoccupà, nun c'avè fretta,
er piatto ormai è voto
e nun ce poi fà neppure la scarpetta.
Composta lunedì 23 dicembre 2013
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    Scritta da: Enzo Di Maio

    Buon Natale, e ricordateve de Oreste!

    Buon Natale, bella gente,
    buon Natale e buone feste.

    Buon Natale ai piccoli e ai piu grandi,
    agli onesti e pure ai disonesti.
    Buon Natale a chi lavora
    e a chi è disoccupato, che è pure fortunato
    perché potrà festeggià senza esse disturbato.

    Buon Natale ai ricchi,
    che festeggeranno con cene,
    botti e gran sollazzo,
    e a tutti i poveracci
    che s'accontenteranno de du palle
    e come ar solito s'attacheranno ar cazzo.

    Buon Natale ai giudici cretini
    che mannino in vacanza l'assassini
    e a chi se fuma no spinello
    lo chiudino dentro
    e buttano via la chiave der cancello.

    Buon Natale ai banchieri
    e a tutti i grandi finanzieri.
    Spero che je tocchi un gran cenone
    ma che sia per loro l'urtimo boccone.

    Buon Natale a chi sto popolo governa
    e jà fatto un culo come na capanna.
    Puro a loro rivolgo un sentimento:
    che jè crolli addosso tutto er Parlamento.

    Buon Natale, e ricordateve de Oreste!

    Chi è Oreste?
    Nun lo sò, pero faceva rima.
    Composta venerdì 20 dicembre 2013
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      Scritta da: Enzo Di Maio

      Madiba

      Ma l'anima c'è,
      l'anima rimane, è immortale.
      Ti indicherà' la via,
      ti ricorderà' chi ero,
      perché' ero e perché c'ero.

      Ti rammenterà' le mie sofferenze,
      la libertà' perduta per il bene della gente.
      La mia anima sarà per te
      uno specchio.
      Vi vedrai che la vita è un rischio.

      Ti ricorderà' le mie parole
      e perché' e normale sacrificar
      se stessi per un ideale.

      Liberare un popolo che soffre.
      Oppresso da ogni male.
      Composta venerdì 6 dicembre 2013
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        Scritta da: Enzo Di Maio

        La finestra de Marìca

        Me ricordo, ragazzetto, la domenica matina
        quanno s'annava a messa
        e pe fa la comunione
        dovevi sottopotte a confessione

        Sta cosa, a di la verità
        mà sempre disturbato
        Nun m'annava de raccontà
        li cazzi mia ar curato

        L'imbarazzo poi saliva
        quanno jè dovevì di:
        "me sò toccato."
        Dopo avè finito tutta la litania:
        "Padre, ho solato mille lire a mamma mia
        me sò fregato un maritozzo e un pasticcino"
        de botto jè dicevo: "e poi, vabbe,
        me sò pure sfrugugliato il pisellino"

        "Nun se fà, è peccato" diceva serio er prelato
        "ricordate che Dio te vede, la sera, la notte
        e puro la matina e poi, quante vorte
        l'hai fatta sta manfrina?"

        "Padre, de sicuro nun ricordo
        ma, nell'intera settimana, armeno na trentina"
        "Santo Dio, questo nun solo è un gran peccato
        ma rischi pure de rimanè cecato"

        Dopo la dovuta penitenza,
        na cosa me frullava pe la testa:
        "ma co tutto sto casino che c'è in tera
        Dio se dovrebbe dà da fà eppure in fretta,
        possibile che stà sempre attento a me
        pe vedè se me sparo na pugnetta?"

        E poi c'avevo puro na scusante
        na tentazione assai costante
        La finestra della stanza mia
        era proprio de faccia a quella de Marica
        che, tacci sua, era proprio na gran fica
        Pe me era na gran manna
        stava sempre gnuda
        proprio come l'aveva fatta mamma

        Tante vorte me dicevo: "ce dò un tajo"
        de profilo ero lungo lungo e fino fino
        sembravo un foro più che un ragazzino
        Mi madre la matina nun me faceva solo colazione
        me n'impilottava come un piccione

        Ma la serranda mia è sempre stata rotta
        avoja a di basta, appena arzavi n'occhio, tac
        s'arzava l'asta

        Alla fine la famja sé trasferita
        ar posto suo mo c'era na vecchia
        poraccia, dormiva cor cappotto
        ed era tutta raggrinzita

        De sicuro dopo un po' me sò ingrassato
        però è stato proprio una gran peccato
        pe n'ber po' nun me sò manco più affacciato.

        L'ho rivista dopo ott'anni Marica,
        era sempre bòna, sortanto un po' sfiorita
        L'ho salutata, ma dato un bacio su na guancia
        e all'orecchio mà sussurato:
        "a bello te lo tocchi più er pisello?"

        Sò rimasto come un fesso, quasi imbarsamato
        e cor cervello che s'enterrogava:
        "cazzo ma questa me guardava!"
        Composta mercoledì 4 dicembre 2013
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          Scritta da: Enzo Di Maio

          Dove sono andati i fiori?

          Chissà dove son finiti i giorni belli,
          dove saranno le mie giovanili certezze
          e gli atteggiamenti ribelli,
          le notti passate sotto le stelle
          in compagnia di un fuoco e una chitarra
          a suonar le canzoni più belle.

          Dove sarà finito quel mondo
          che pensavamo aver cambiato
          e che ora ci troviamo peggiorato.

          Che fine avran fatto i miei jeans sdruciti
          le mie camice floreali e gli spinelli.
          Dov'è la mia cinquecento,
          dove sono gli amici di quei tempi incerti
          dove sono le proteste,
          la lotta dura senza paura,
          che ci vedeva fieri in piazza
          dove eravamo cento e cento volte cento.

          Cosa è mai successo ora
          a questa nostra gioventù che sembra vuota,
          nata stanca, che non sà cosa vuol dir rivolta
          e dal loro viso
          è scomparso anche il sorriso.

          Quale sarà il loro futuro in questa povera nazione
          stuprata dalla globalizzazione.
          Non esistono più certezze
          ma solo tragiche amarezze.
          Non esiste più la vita,
          se ne è andata, è finita.
          Ora non c'è più il richiamo del dissenso,
          la voglia di gridare basta
          e riprendersi la dignità di una volta.

          La bandiera è ammainata,
          ci ritroviamo in tanti, ma come soli,
          estranei dalla lotta
          e in balia di troppi figli di mignotta.
          Composta sabato 30 novembre 2013
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            Scritta da: Enzo Di Maio

            Media "Manzi" 3^ d

            Quanri ricordi porta su il passato
            per colpa di un vecchio diario ritrovato.
            Jacovitti era firmato, se non lo avevi
            potevi considerarti uno sfigato.

            Jacovitti, un nome assai famoso,
            era il disegnatore del "Il Vittorioso".
            Dentro c'erano vignette, consigli
            e barzellette.
            Ancora oggi le ricordo quasi tutte.

            Scuola Media "Manzi" 3^ D,
            sezione non proprio benvoluta,
            da tutti gli altri era temuta.
            Ultimo piano, in fondo ad un corridoio stretto,
            dopo di noi c'era solo il tetto.

            Ci avevano isolati, non tanto per punizione
            ma per assicurare agli altri
            la giusta protezione.

            Quanto tempo ormai è passato,
            ma tutto è chiaro in mente,
            come fosse appena vissuto.

            Silvio, Mario, Piero, Giordano,
            quel matto del Savini e poi il Fumini,
            che parlava strano, era Ternano.
            E le ragazze, Anna, Patrizia, Anna Maria,
            Ornella e poi Daniela, senza far torto alle altre
            certamente la più bella.

            In tutti suscitava pensieri ed emozioni
            ed è pensando a lei che, nel chiuso del tuo io
            partivano le prime e sempre più frequenti
            masturbazioni.

            Nello studio non è che fossi un gran portento,
            forse un po' scarso e, alle versioni di latino,
            salando, preferivo sempre il biliardino.

            Un giorno fui anche espulso,
            fù una cosa ingiusta e deprimente poiché,
            ancor oggi lo giuro, ero innocente.

            "Leggi la poesia a pagina trentotto",
            ed io, sicuro, inzio e, ad alta voce declamo:
            "Il beccamorto".

            Esplose tutta la classe in un sol boato,
            una gran risata che arrivo sino al vicino porto.
            Solo la Prof. non rideva ma, rossa e paonazza,
            strillava e urlava come una pazza.

            Evidentemente qualcosa era andata storta
            tanto che mi ritrovai fuori dalla porta.
            Solo dopo seppi che un poeta idiota
            aveva inteso declamar versi in onor di un frutto
            che sembra si usi per far profumi
            e grattugiarne la buccia sul risotto.
            Il nome era "bergamotto".

            Fatto sta che tutto fu preso
            come una bravata e, a casa,
            rischiai pure qualche mazzata.

            Ora tutto è diverso,
            è passato tanto tempo
            e il mondo sembra falso,
            anche l'amore tra ragazzi ha cambiato nome.
            Ora si chiama semplicemente sesso.

            Francamente non scambierei con loro
            un sol momento.
            Ciò che provano loro è solo un fatuo godimento.
            Gli manca una cosa basilare.
            Il vecchio caro sentimento.
            Composta martedì 19 novembre 2013
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              Scritta da: Enzo Di Maio

              Trallallero Trallallà

              Trallallero trallallà
              come è bella sta città
              ando due se sò accordati
              pe rubbà come addannati.

              Trallallero trallallà
              e il suo popolo che fà?
              Vive bene, e assai contento,
              circondato dar cemento

              Trallallero Trallallà
              qui er lavoro nun ce stà.
              Che ce frega, che ce importa.
              puro che nun famo gnente
              passeggiamo allegramente.

              Trallallero trallallà
              l'aria nun se po' più respirà,
              ce stà fumo a propusione
              provocato dar carbone.
              Stà tranquillo n'cè pensà
              tanto poco hai da campà.

              Trallallero trallallà
              a qui er Natale nun ce stà
              ed invece di dicembre
              festeggiamo er due novembre.

              E pe giunge a conclusione
              me sò rotto le pistone.

              "Scusa ma nun era mejo chiude con cojoni?"
              E tu chi sei?
              "Io sò er popolo"
              Ah ecco, bravo, proprio a te pensavo,
              in materia de cojoni,
              ma nun me venivi in mente. (enzo di maio)
              Composta sabato 16 novembre 2013
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                Scritta da: Enzo Di Maio

                Me butterei de sotto

                'Mortacci come sò ridotto
                c'ho na faccia che sembro un morto
                e quasi quasi me butterei de sotto.

                Sò stato n'inbecille e me ne pento,
                pensà che me sentivo puro fortunato,
                mo maledico quanno t'ho incontrato.

                Er giorno dopo che t'ho sposato
                già me sarebbe impiccato.
                Prima de di de sì eri na fata,
                na donna ricca e de successo,
                nemmeno l'hai pronunciato,

                mortacci tua,
                sei diventata un cesso.

                Peserai ducento chili
                e pe nun fà sbragà er letto
                c'ho messo du bandoni
                e l'ho riempiti de mattoni.

                "Amò stò a dieta, guarda,
                stasera solo na verdurina."
                Na verdurina?
                ma che me pij per culo?
                quella che te stai a magnà
                me pare tanto na collina.
                Sta attenta quanno vai ar cesso
                sennò butti fori na slavina.

                E mò che uscimo
                nun te mette quer vestito
                a strisce rosso e bianco,
                ha sentito ieri er ragazzino
                che te stava accanto?
                "A ma, guarda,
                è arrivato er circo.

                Nemmeno te posso lascià,
                se tu che c'hai er quatrino,
                tocca tenemmelo sto magazzino.

                Manco posso aspirà a n'eredità,
                conoscenno tu madre
                sò già che t'avrà detto:
                " er tu marito sarà puro
                un ber ragazzo ma adè no stronzo,
                e s'attacca ar cazzo". (enzo di maio.
                Composta venerdì 15 novembre 2013
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                  Scritta da: Enzo Di Maio

                  Ricordami com'ero

                  Ricordami come ero, ti prego,
                  e cancella quelle lacrime dal volto,
                  non è ancora giunto quel momento
                  e a vederti così
                  mi fai un gran torto.

                  Mostrami ancora e sempre
                  il tuo sorriso,
                  quello che ti ha donato
                  il paradiso.
                  Quello che mi ha colpito
                  sin dal primo istante
                  e chi mi ha fatto innamorare,
                  perdutamente.

                  Ricordami come ero, ti prego,
                  e non come son ora.
                  La vita è solo una parentesi,
                  non dura.
                  C'è qualcosa di più importante,
                  che và oltre.
                  Un giorno ci ritroveremo,
                  sarà per sempre.
                  e non ci lasceremo più
                  un solo istante.

                  Tu sei me, come io son te.
                  Siamo come una sorgente,
                  dove sgorga amore.
                  Continuamente.
                  Composta mercoledì 13 novembre 2013
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                    Scritta da: Enzo Di Maio

                    Il cassetto di mamma mia

                    Alla fine l'ho svuotato quel cassetto,
                    non l'avevo mai fatto,
                    di sicuro per un segno di rispetto
                    e anche nella vana speranza
                    di poter fermare il tempo.

                    Era il cassetto di mamma mia
                    e, assieme a tante cose,
                    vi ho trovato una sua fotografia.
                    L'ho stretta forte al petto,
                    come per paura che volasse via.

                    Non l'avevo mai vista così giovane.
                    ero l'ultimo dei figli, me la ricordo già
                    grandicella.
                    Chissa perché era nascosta.
                    Era proprio tanto bella.

                    Quando deve aver sofferto,
                    povera donna, la nostra è una famiglia strana,
                    metà Italiana e l'altra Americana,
                    e i figli, soleva dir mio padre,
                    nell'Italica nazione, non troveranno
                    mai giusta occasione,
                    c'è troppa confusione e si vive
                    di raccomandazione.

                    Così, via, da creature,
                    a consumar libri, perché laggiù,
                    di sicuro ti riesce,
                    di trovare il tuo futuro a stelle
                    e strisce.

                    Che io ricordi non è mai accaduto
                    di stare una volta tutti insieme
                    un sol minuto, e questo la rendeva triste,
                    star lontano dai figli, per una madre,
                    è un dolore che persiste.

                    Di solito arrivava qualche cartolina:
                    "tutto bene Mà, sta tranquilla e un saluto,
                    anche da parte di zia Tina".
                    Una telefonata era una cosa rara,
                    giusto a Natale, ma breve,
                    perché costava cara.

                    Ti bacio Mà, sé fatto tardi,
                    finisco di vuotare il cassetto
                    e metto tutto in questo cartone,
                    che per me sarà santo e benedetto.

                    La foto la terro sempre con me,
                    mi farà sempre compagnia,
                    in cambio ci metto questa mia poesia
                    e una carezza che racchiude
                    tutto l'amore che ci sia.
                    Composta domenica 10 novembre 2013
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