Scritta da: Dario Rozzi

Down & confused

Dio dammi solo una sera nel sole,
leggero e libero
dall’angoscia che intasa, dal sangue
che scroscia, disteso
davanti a un tramonto,
senza
dolore. Se soffro l’amore,
patisco ancor più il tuo rancore.
Le more han perduto colore, i tuoi mirtilli
Mi mettono ansia. Parlavo di sali e di spezie,
attonite assurde Venezie. Adesso son freddo
come un lombrico, svanita l’estate,
un ricordo
il profumo del fico. E vivo intanato
in un buco, le spire distese, tranquillo
aspettando la volta del mese. Amore
intorbida l’acqua del fondo, travolge
i ricordi degli argini, e fiume brutale
straripa, sconvolge la mente, si insedia
fra esofago e talamo. E se ti ricordo,
sei il fiore di notte, il frutto appassito,
il dolore
di chi ha fatto tardi al convito.
Composta sabato 31 luglio 2004
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    Scritta da: Dario Rozzi

    Stanze in purgatorio

    I

    Canta la sarabanda se il cielo sfavilla,
    prendi tutto ciò che ti manda la sorte,
    la luce del sole che scalda, non morte
    ma il suo riflesso che brilla sul mare
    se infine la notte è finita;
    nasce la vita riflessa in verde bottiglia
    quando rinasce la voglia, l'odor di vaniglia
    di chi non lascia e non piglia
    e ora sei al vento anche tu con la randa color cocciniglia,
    preghi perché sia salva e ben viva
    tua figlia

    II

    Suonami forte la giga, colore degli occhi
    di donna, vai a cercarti una figa, una figlia
    quando la moglie sconnessa nel letto sbadiglia,
    cerca un contatto di testa con una vergine sciolta:
    non ti concedere alcun rapporto sessuale, neanche una volta
    se dietro intravvedi il dolor dell'estate nel vento
    se dietro, sgomento, indovini Ecate la tripla,
    Artemide scura dagli occhi di piombo,
    se cerchi all'interno di ogni rapporto
    l'aspetto mortale, se sai che quel che rimane
    non vale: tollera allora che conti soltanto il momento parziale
    solo accettare la fine può liberarti dal male

    III

    E poi ridi, corri, salta se lo permette il ginocchio,
    se credi ancora per sbaglio di essere giovane e sveglio,
    scopri dietro al riquadro il contorno dell'occhio
    trova il riflesso di te nel mare che mobile svaria:
    sei certo infine che tu non sei morto, che ancora
    tu vivi: l'anima tua sta nel rapido e svelto
    svariar degli ulivi nell'aria
    quando alla sera si muovon scolpiti dal vento;
    sembrano dire che infine ha trovato una fine l'inverno
    del nostro dolore, che ora ti svena
    ogni giorno nel vento alle fonti
    del nostro scontento,
    che è lento, stabile e fermo
    così come l'amore alle porte di Vienna
    (sotto al Pont Mirabeau per sempre scorre la Senna!),
    e poi ricorda il "come dev'essere dolce morire":
    dinanzi a questo dolore non credo sia meglio svanire
    meglio soffrire crescendo, come le gemme in aprile
    mese colore del miele, colore del cardo
    per sempre crudele se non ti ricordo

    IV

    Così ritorna ogni estate, e se ti han messo in ginocchio
    scopri ingegnoso la storia di chi ti sta accanto:
    lascia il rimpianto, nascondi le tracce del pianto
    dietro alle palpebre chiuse, accendi col sogno
    il bisogno di vivere ancora il disegno,
    il caro profilo di morte scolpito nel legno.
    Se te lo chiedono, glissa, poi annulla nel sonno
    la veglia infernale di chi chiama sogno
    la pausa infelice fra nascita e morte, ma tollera sempre
    l'estate ricolma di turgidi frutti e dolore
    mortale, cazzate e ricordi del male;
    su, tira avanti, verranno ben presto
    gli incanti d'autunno, e finita la guerra
    respirerai nuovamente l'odor della terra.
    Composta giovedì 25 aprile 2002
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      Scritta da: Dario Rozzi
      Esser trattato
      con disamore,
      molcito, rabbonito
      come un cretino malriuscito,
      oppur gestito con tono altero
      ma servile,
      guardato con disprezzo,
      come se un lezzo
      sottile
      scaturisse da me, vile
      profeta in patria, nutria
      deforme, malnata, abbeverata
      al filo dell'infamia
      e della maldicenza, sempre con un secondo
      fine nascosto,
      come se stare al mondo
      dovesse ad ogni costo
      implicare un tradimento
      necessario
      al tuo sentirti viva, al mio sentirmi avvolto
      nel sudario
      dal volto impresso
      che ogni giorno
      mi cuci attorno –
      ma fa lo stesso.
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        Scritta da: Dario Rozzi
        Signoreddio, che sei diverso e uguale
        proteggi questo figlio che sta male
        dipingigli il viso d'ametista
        lo vedi, soffre come un animale

        se tocca quel pezzetto di dolore
        che porta sepolto dentro al cuore:

        sta male se guarda la luna, la luna
        ha il colore del sangue
        mestruale, e l'utero in rovina
        porta la sofferenza ballerina

        Il mestruo è morte e distruzione
        per chi dall'interno lo ha vissuto,
        l'embrione triste, povero e cornuto

        Ma perché non mi vedi,
        mi vedrai quando sarai più libero,
        non credi?
        Composta sabato 11 dicembre 2010
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