Poesie inserite da Dario Pautasso

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Scritta da: Dario Pautasso

Melodramma notturno

Con i tuoi occhi che sembrano mutare
di colore ad ogni tua espressione
e quelle mani che io immagino
sempre tese a cogliere un fiore,
chissà se dentro soffri un po',
ogni tanto.

Con quel tuo incedere incantato
viziata dai colori delle stagioni:
mentre parlo ti scopro persa
ad ammirare una nuvola veloce;
ti scuoti, poi mi dici: va bene così.
Chissà se piangi certe notti
quando il cerchio stringe anche l'anima
quando la lancetta segna un tempo
indefinito.

Con le tue labbra di fragole mature
e il corpo già teso ad un orizzonte
che io non riesco a cogliere,
chissà se talvolta ti senti sola
se hai paura di quel che non si vede.
Chissà.

Un giorno forse me lo dirai
e sarà più bello sapere
che non sono troppo lontano,
che quasi quasi, se allargo le mani,
posso abbracciarti.
Composta martedì 25 settembre 2012
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    Scritta da: Dario Pautasso

    Di giorno, di sera, di notte

    Di giorno, sì, di giorno mi piaci,
    mi piace il profumo che il sole
    distilla dalla tua pelle di bronzo
    per spanderlo, caldo, tutt'attorno
    in vibranti sbuffi di vapore.

    Di giorno mi piaci, sì, mi piace
    come il debole vento scioglie
    i fumosi tuoi capelli affocati,
    poi, nuovamente li raccoglie
    in precisi rigoli dorati.
    Sì, di giorno mi piaci.

    Di sera però, mi piaci di più,
    allor che il tramonto spande
    il suo purpureo abbraccio
    di fili avvolgenti e ghirlande;
    e il tuo sorriso, fattosi grande
    da lontano par un miraggio.

    Sì, di sera mi piaci di più,
    mi piace la rigorosa brezza
    che scivolando dalla collina
    cade al suolo e ti accarezza;
    il corpo vibra, geme, trema
    si fa sodo, sodi i rotondi seni,
    tese le linee della tua giovinezza.
    Sì, di sera mi piaci di più.

    Ma è di notte che t'amo,
    sì, t'amo di notte:
    le tue forme spezzate, disfatte,
    eppur ancor rotonde, aggraziate.
    Nel buio appari minima
    essenziale. Sol la luna
    osa ancor accenderti gli occhi,
    i denti, e quel porta fortuna
    che ti ho donato quando
    ancor s'era marmocchi.

    Di notte sei predatrice,
    come il luccio nel melmoso lago
    ed io preda, sconfitto affogo
    nella tua forte presa di radice.
    Sì, è di notte che t'amo.
    Composta mercoledì 23 giugno 2010
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      Scritta da: Dario Pautasso

      Un uomo adulto

      Mi dissero che era tempo che "mettessi la testa a posto"
      Che "mi assumessi le mie responsabilità di uomo adulto";
      come se una persona sola ne avesse qualcuna.
      Non avevo scelto la loro strada
      Non ero attratto dal successo
      Non avevo donne che chiedessero un "amore maturo"
      Da onorare con mazzi di fiori e brillanti
      Ad una qualsiasi delle decine di feste che ricorrono nell'anno.
      Niente figli, nessun ruolo politico, amministrativo, nulla.
      C'ero io, e i miei quattro amici mezzi ubriaconi
      E quelle ragazze che non chiedono altro che un po' di compagnia
      Una volta al mese, un abbraccio forte, di una notte
      Che valga per molto più.
      Gente che ti vuole bene, davvero,
      Anche se non la vedrai mai girarti attorno tutto il giorno
      Con quell'eterno bisogno di dirti qualcosa, qualunque sia.

      Avevo un solo paio di scarpe e mi bastavano
      Nessun abito da cerimonia
      Non portavo un bell'orologio al polso
      Scintillante di benessere.
      Mi son sempre tagliato i capelli da solo
      Nemmeno poi tanto male,
      Niente cure di bellezza
      Niente sessioni di palestra per scaricare il nervoso.
      Avevo due cani e tre gatti, quelli sì, erano proprio miei.
      Ma ne ero innamorato, e quando si ama una responsabilità è un piacere.
      Ogni giorno stavo a guardarli scorrazzare
      li accarezzavo per ore e loro erano così gioiosi e appagati.
      Sì, avrei rinunciato alla pasta della miglior etichetta
      Per assicurargli ancora i loro bocconcini.

      Ma volevano che "mettessi la testa a posto"
      Per chi, a che scopo e cosa volesse dire davvero
      Non l'ho ancora capito.
      Mi dissero: "comprati una macchina, ti sarà di stimolo"
      E lo dissero ancora
      E poi ancora.
      Infine cedetti.
      Ne scelsi una nuova, lucida, abbastanza bella.
      Se dovevo essere responsabile
      Volevo esserlo con un po' di stile.

      Oh, sapeste, com'era bello avere la testa già più a posto
      Con una macchina
      E una rata da pagare tutti i mesi.
      Stavo crescendo, stavo diventando adulto.
      Comprai anche un paio di scarpe nuove
      E mi misi a lavorare un po'
      Perché una rata va pagata se si vuol essere responsabili.
      Scoprii che ogni cosa che facevo in più
      Ogni mio passo verso la maturità
      Richiedeva che io producessi di più
      Lavorassi di più
      Che più soldi passassero tra le mie mani.
      Cominciai a lavorare sodo
      Troppo sodo per uno che ha sempre avuto solo un paio di scarpe
      E così la sera rincasando, stanco, mi dicevo
      Ancora due giorni e mi son pagato la rata della macchina.
      Andavo a dormire pensando che ero ormai davvero maturo
      Civilizzato.

      Persi i miei quattro amici mezzi ubriaconi
      Non avevo più tempo per le nostre ampie chiacchierate
      E i nostri sogni immensi, eppure così semplici.
      Conobbi altra gente,
      di quella col desiderio di apparire sempre irreprensibile
      mi parlavano della cucina nuova
      e del tempo
      e della figlia di quel tale che si sposa
      e sorridevano sempre
      come chi si trascina in faccia una perenne menzogna.

      Persi le ragazze che dormivano con me
      quelle che amavo per una notte sola
      e molto più.
      Non avevo più la forza di stare una notte intera sveglio dentro un abbraccio.

      Conobbi altre donne, alcune molto serie,
      Sempre nervose,
      Sempre con qualcosa di urgentissimo da portare a termine
      Con un lamento sempre penzolante dalla lingua
      Come un bisogno fisiologico.
      E parlavano così tanto
      E dicevano così poco.

      Divenni solo
      Ma solo veramente
      Senza amore
      Con una personalità traballante
      Senza amici mezzi ubriachi con cui è bello parlare.

      Ero solo e responsabile
      Anche il mio conto in banca parlava di maturità
      E la gente che incontravo per la strada
      Mi sorrideva forte e diceva
      "come sei cambiato, che bell'aspetto,
      si vede che hai messo la testa a posto".

      Anche i miei animali divennero troppo impegnativi:
      Avevo così poco tempo!
      Mi parvero invecchiati di molto
      E più tristi, più lenti, molli.
      Gli vuotavo mezza scatola di umido in una ciotola
      E li lasciavo nella loro solitudine
      Mentre io mi rifugiavo nella mia.
      Divenni civilizzato.
      Così.

      Un giorno acquistai un bell'abito per un matrimonio
      Di un tale, non so bene chi fosse,
      E per tutto il tempo del pranzo parlai
      Conpersone eleganti e perfettamente mature
      Di quella gente che non ha voglia di far niente
      Che non si prende le sue responsabilità
      Di quelli eterni bambinoni che
      Finiscono sempre in qualche pasticcio
      E poi si aspettano che qualcuno li tiri fuori.
      Ah!...

      Tutti annuivano e ridevano fragorosamente.
      Io con loro.
      Eravamo tutti compiaciuti.

      Poi andai a casa
      Solo
      Io e il mio bel vestito.
      Vuotai mezza scatola di umido ai miei animali
      Invecchiati.
      E andai a dormire.
      Composta giovedì 28 marzo 2013
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        Scritta da: Dario Pautasso

        Sono un uomo

        Io sono la luce che ti spoglia,
        il fiato freddo del cielo,
        sono l'albero che muore
        nella foresta.
        Sono il canto della pioggia
        e lo scuro scorrere del tempo.
        Sono un passo traballante
        nel buio di una notte immensa
        poco prima di un nuovo giorno.
        Sono Dio che rimira oltre la collina
        sono la freccia scagliata nel vuoto,
        il turbinio delle vostre parole,
        il gioco matto di un bambino
        nel sorriso della madre.

        Sono la cera che fa illuminare
        il cammino oltre un orizzonte
        che non porta a nulla.
        Sono la mano calda del padre
        nel ricordo di mille placidi errori.
        Sono l'abisso oltre le nuvole,
        il sasso del sentiero
        e l'immota grandezza del cielo.

        Sono un uomo.
        Composta martedì 19 marzo 2013
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          Scritta da: Dario Pautasso

          Io vivo in te

          Camminavi per vie sconosciute
          come un fiume che abbandoni il suo corso
          e ad ogni passo straripavi,
          ad ogni passo ti disseccavi.
          Perché questa è la vita.

          Io ero in te.

          Ad ogni passo io ero nei tuoi piedi
          in ogni tua parola c'era il suono
          lontano delle mie parole.

          Fermati ora che puoi, riposa.
          E ascolta.
          Le mie labbra ancora
          parlano sulle tue labbra.
          La mia voce risuona come
          un canto nostalgico
          sulla tua voce.

          Nelle tue mani scorgerai
          i segni indelebili delle mie,
          e li avresti scorti dal primo giorno
          di questa tua stessa vita
          se solo ti fossi fermata a guardarli.

          Sulle tue membra avresti percepito
          il mio desiderio, ed un fremito
          avrebbe scosso il mio corpo,
          dovunque noi fossimo stati.
          I tuoi capelli hanno sempre
          odorato dei miei baci leggeri.
          Io sono in te.

          Quando ridi, quando piangi
          quando mi allontani
          quando mi allontano.
          Io sono in te.

          Sono nato sotto la tua pelle
          quando ancora dovevi nascere.
          ma tutto questo lo scopro adesso
          a poco a poco.

          È sempre stato così,
          così sarà sempre.
          Perché io, io sono in te.

          Quando, guardandoti allo specchio
          sentirai un soffio sul tuo corpo nudo:
          non temere, sarà il respiro della
          mia anima che in te riposa.

          Ed ogni volta che nel mio ventre torna
          a espandersi la fine che m'attende
          ogni volta che la morte torna a gridare
          il mio nome a gran voce,
          non temere!
          Io sono in te
          ma non ti sfiorerò che con il tocco
          lieve dell'amore. Non temere
          che tutto questo possa
          gravare sulla tua bellezza:
          Io sono in te,
          eppure non posso danneggiarti.
          Perché questa vita che pur ci fonde
          è la nostra vita
          e sacra è la sua indipendenza.
          Infinita la sua libertà.

          Non temere.
          Eppure ricorda:

          io vivo in te.
          Composta mercoledì 15 febbraio 2017
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            Scritta da: Dario Pautasso

            La paura

            S'insinua attraverso spiragli
            d'insospettabile leggerezza
            omicida del genio,
            della fantasia
            del sorriso
            Omicida, la paura.
            Ci sono vecchi morti di paura
            da una vita
            bambini che muoiono di paura
            tutti i giorni.
            Il premio di questa nostra società
            il premio della nostra cristianità
            la nostra ultima raccomandazione:
            è la paura.

            Aggrovigliata alle radici della vita
            essa sta allerta,
            insensibile al sole della meraviglia.
            Aspetta.
            Silente.
            Perfetta.
            Come una lama di coltello
            come un serpente
            come una cascata;
            come la sabbia rovente
            aspetta miope l'alta marea
            e spegne gli ardori giocosi
            spegne le nostre risa
            spegne le nostre nudità
            ci copre del manto mesto della follia:
            è la paura.

            Ci sono milioni di padri
            milioni di madri
            già addestrati ad impugnare
            il manico del terrore al tuo primo passo,
            quando ti guardano con gli occhi
            gravidi di insicurezza
            quando ti uccidono il primo sorriso
            per un loro cruccio
            che non puoi conoscere.
            E non conoscerai mai.
            Nuvole scure sull'oceano della libertà.
            Quando regolano le tue prime avventure
            con mano ferma
            e la mente rigida di un vigile urbano.

            Non sono i padri
            Non sono le madri
            loro sono lo strumento, incolpevole.

            Cercate tra le abitudini
            cercate nella morale quotidiana
            cercate dove le labbra scoprono sorrisi
            di plastica
            cercate nella Regola.

            La fonte della paura
            sta dove non ce n'è traccia.
            Dove tutto è sepolto
            sotto metri di impietosa gentilezza.

            Vogliono figli spaventati
            e spaventano chi li genera.

            Così camminiamo tutti i giorni
            paranoici del niente
            dimentichi della fiducia
            dimentichi del respiro caldo
            dell'affetto
            dimentichi della giovinezza.

            Nessun uomo ha scordato
            la sua sbagliata giovinezza.
            Tutti gli altri
            i soldati perfetti
            li puoi ascoltare piangere
            solitari
            tra le mura di una stanza
            la sera
            quando il sole cade:
            è la loro musica di redenzione.
            Composta venerdì 15 marzo 2013
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              Scritta da: Dario Pautasso

              Colui che non può amare

              Vieni la notte
              nelle ore più fredde
              e raccontami dell'amore.
              Liberamente raccontami:
              dei tuoi baci silenziosi
              dei nudi corpi e delle bocche
              insaziabili.
              Raccontami nella notte
              che di giorno non ci colga
              la vergogna.
              Raccontami perché io sappia;
              sciogli un poco queste catene
              di paura.
              Io son colui che non può amare.

              Raccontami della pelle umida
              di trepidazione
              degli occhi folli di passione.
              Raccontami di focosi abbracci
              e tenere carezze e audaci parole.
              Sciogli un poco questa corda
              che mi tiene stretto al palo dell'oblio.
              Io son colui che no può amare.

              Quando grande è l'amore
              per un corpo piccolo come il mio,
              per un sorriso così solo.
              Quanto grande è l'amore
              che giace nel tuo sguardo.
              Raccontamelo ora ch'è notte
              che la vergogna non ci colga
              alle luci del primo sole.
              Parlami degli avvalli del corpo
              dei sorrisi maliziosi e del
              delicato suono del piacere.
              Schiudi il fiore che non sa sbocciare
              nel mio ventre tremante.
              Io son colui che non sa amare.
              Composta sabato 8 giugno 2013
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                Scritta da: Dario Pautasso

                La tristezza

                La tristezza è il fiore più bello
                che non schiude mai,
                è un passo incerto
                dove tutto è luminoso,
                è un sole primaverile
                sempre velato da nubi sottili.

                La tristezza è il canto di un uccello
                dietro una finestra chiusa,
                è un volto limpido
                che non dice niente,
                è un bacio dato a labbra strette
                che non ricorderai.
                La tristezza è un suono lontano
                che più rincorri
                più s'affievolisce.

                la tristezza è un bimbo
                dagli occhi meravigliosi
                che corre
                da solo.
                Composta martedì 2 luglio 2013
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                  Scritta da: Dario Pautasso

                  Temporale estivo

                  Da lontano s'insinua
                  con piede veloce;
                  soltanto più giace, sull'orizzonte,
                  ancor
                  un abbaglio di luce,

                  un tumulto!
                  poi delle foglie
                  un frusciare,
                  un fremer di fronde.
                  Dall'alto risponde
                  una coltre di scuri colori:
                  si scuote la sera.

                  Con piede veloce s'insinua:
                  in un attimo non c'era,
                  poi c'è,
                  ansimando forte,
                  poi subito quieto,
                  fremendo piano
                  riparte.
                  Sfrega le corde del cielo
                  il rigido vento
                  con suono di tetro
                  lamento.

                  S'è spento l'ultimo baglior.

                  Una goccia improvvisa
                  ne annuncia altre cento:
                  s'annacquan i campi
                  e le vie
                  tra i lampi
                  s'incendian fugaci:
                  verdi rovi di luce rovente;
                  qui uno schianto
                  violento,
                  là un tonfo più fioco
                  altrove spaventa.

                  Il pianto si sfoga
                  s'accende
                  cade
                  riprende...

                  Poi già è un bruire
                  più lieve,
                  l'aria greve s'assesta
                  si placa la sferza,
                  la forza
                  del cielo s'appiana.

                  La pioggia è lontana:
                  schiarisce il penisero,
                  ma tutt'attono, più sordo,
                  un fremer leggero
                  al di là della piana
                  n'è il fiero
                  ricordo.
                  Composta venerdì 15 febbraio 2013
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                    Scritta da: Dario Pautasso

                    Sei Donna

                    Già m'avvolgevi,
                    ch'ancora sconoscevo i colori
                    e tutto il mondo,
                    con allegro vibrar materno,
                    ed ora che ogni cosa pur scopro e sondo,
                    sei il mio vital perno,
                    ancor...

                    Ma non solo la mamma
                    che allor fu il fuoco
                    e la gemma.
                    Sei l'amante e l'amica,
                    la sorella di gioco
                    o d'amor compagna
                    e di vita: sei la donna.

                    Antica d'orgoglio
                    e di cuor, la tua mente
                    eppur non cede all'inganno
                    dei sensi più vivi,
                    e se soffri più forte
                    più forte riparti,
                    ché l'aspre salite
                    annuncian più dolci declivi...

                    Più presto il tuo viso
                    s'è spoglio
                    dell'infantil leggerezza,
                    più lesta dell'uomo, di corpo
                    sbocciavi,
                    e di testa;
                    eppur ora, col volto sporto
                    alla novella brezza
                    marzolina,
                    ancor nutri negli occhi
                    di bambina
                    lo sguardo e la fiamma
                    d'immortal giovinezza:
                    sei donna.
                    Composta venerdì 8 marzo 2013
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