Ricordando Pavese

Del difficile mestiere di vivere
come te, poco e male appresi:
spezzare il cerchio della solitudine
oltre l'ozio guardare la luna e i falò
appieno comunicare con gli altri
scovare una fida compagna
foggiare amore e illusioni
emergere da un torbido domani
precluse attività io le riconobbi:
goffo, tutto mal intesi negli anni.
Tu forse più di me sapesti
che se ben interiorizzati e seguiti
(assecondandone il ritmo)
soffrire diventa meno caro
e l'esistere si fa desiderio continuo
che vuoi appieno godere.
All'alba, all'invito degli eventi
sorridendo al sole che ti guarda
ti persuadi ad andare per il mondo:
un viluppo poi segue volubile
frana si sfrangia e smentisce
quanto strepitante avevi creduto.
Se vieni ai ferri corti con la vita
bisogna che raschi con perizia
la pruina delle illusorie apparenze
per trovare un senso a quanto ti accade
e metterne in luce la vera sostanza:
il significato supertemporale
il rinveniente che non si racconta
il pathos sgusciante che non si descrive
l'esaustivo che giustifichi e plachi
una vita febbrile scondita e rapinosa.
Ammettiamolo pure senza sforzo:
bisogna ben conservare la speranza
e attizzare l'abitudine di illudersi
non irrigidire l'elasticità istintiva
se vogliamo con gusto sopravvivere
se non vogliamo già stenderci
stanchi, consapevoli e più lucidi,
nella fossa tombale del nulla.

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