Come a mosca cieca

Andare a tentoni col pensiero
di qua o di là che cambia
se fatalmente sempre
allo stesso punto poi arriveremo?
Valga il vero fatidico, non si disvii:
il turbine che mulina la vita
e ci alza e ci spinge
sulla torre da cui scrutiamo
il senso ultimo delle cose
nell'effimero ha sempre sbocco.
A che nelle fenditure spiare
se neppure alla luce vediamo!
Solo un infingimento, mi ripeto,
stipulato segretamente col cuore,
-leva per il cambio della vita-
ci salva dal groviglio
di tenebre che ci attornia
e ci catapulta su altra corsia.
Falliti recensori di noi stessi
ammettiamo onesti e convinti
di non sapere niente
oltre il solo fatto innegabile
che sorge e tramonta il sole
e si nasce e si muore ogni giorno.
Fermarsi a mezza via
di una strettoia di congetture
o in alto mare o in una secca
o su un cacume d'argilla di intedimenti
sempre smarriti oltre ci si perde
e alla mente un perché resta ignoto.
Non si svelerà mai e poi mai
la forza ignota che ci affatica
e spinge i nostri passi ancora,
il fluire di una potenza in atto
che si attarda e ci solleva
e in altri ondeggiamenti ci sbatte.
A uno svolto, dopo un dedalo
di malinconie e di pensieri,
di colpo, riprendono battiti,
ci appare una linea d'orizzonte
e un senso di essere ci evoca.
Bisogna uscire indenni, lucidi
e irrobustiti dai soprassalti del vuoto
per immaginare una sopravvivenza:
dove poi andremo a finire, poco conta.
Per ora, non accenderemo ancora
ceri all'illusione e alla speranza;
un po' di fuoco vivo nel crogiolo
pur ci sarà sotto la cenere; domani
ritorneremo nella bolgia dei recitanti,
occultando l'incontro col nulla,
continueremo a blaterare qualcosa.
Composta sabato 30 novembre 2013

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