Borbotta e tace la mente

L'artificiere che è nella mente fa brillare
le sue mine, una marea di scintille fluisce:
sono pensieri in agnizione,
occupano circonvulozioni, fanno calca.
Non si sfollano, mi provocano,
fanno groviglio, perforano;
come una ciurmaglia allo sbaraglio
saccheggiano la stiva della mia coscienza
all'alba di un suo stanco riveglio.
C'è chi va, chi resta: un traffico mai visto
con un frastuono mi intontiscono.
Più li appallotto e li butto nel cestino
più si riproducono copiosi.
Vorrei svigliarmela, depistarli
dissuaderli dai loro intenti imperscrutabili
ma mi circondano, si accampano
e assediano ogni mia volontà ostile.
Che vorranno mai poi
perché si impicciano della mia vita
e interrogano il cuore all'esame
del suo contenente e contenuto?
Son leggeri più dell'aria, è vero
ma perché allora pesano tanto
e pressano emisferi cerebrali!
Alcuni scherzano e mi frullano
come fa un bizzarro vento con i fuscelli
altri vogliono inculcarmi assurdità
affascinarmi di nulla
ingannarmi di poter raggiungere il tutto
convincermi che esista l'eterno
o spaventarmi mostrando spietati
l'effimero tempo che pestifero
tutto svanisce e cancella.
Ecco che si staccano ancora
dalle visceri della mia mente
or balordi or sagaci
pungenti e senza lasciarmi intendere
la trama o il fine o il senso
così come talvolta accade
dopo aver letto un libro intero.
Che filo li lega, luce o buio li proietta,
perché mi trivellano l'anima,
che riportano in superficie, saggiano
il mio coraggio o il mio terrore affiorante?
Mi curano, mi guariscono
o mi ammalano e mi aggravano di un male oscuro
sono allodole o spaventapasseri
tarlano o insufflano amore di essere?
Quanto suggeriscono per predare il meglio
o il peggio del vivere;
mi abbagliano o mi spengono
ascoltando la cantafavola della vita?
Ecco, la folla smembra, qualcuno ancora
già assonnato si trattiene, tardivo svanisce
poi discende e si propaga un silenzio.
All'esplosione succede la stagnazione:
è sempre un capovolgimento,
un repentino alternarsi passando
tra l'alfa e l'omega dell'essere
quasi sempre nulla più poi resta in piedi;
nel sub-errante vive o muore il pensiero
ma mai, se vivi, ci dispensa dalla sua presenza.

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