Scritta da: Umberto Zavagno

Nella pozza

Goffamente la preda si muove nella pozza
occhi sbarrati la fissano avidi
una penna disegna grafi
dietro voci discutono ricavi
una pala si affonda nel buio
il carro già pieno si allontana

le voci tacciono gustando il filetto balsamico
la mano lascia la penna e accarezza un giovane viso
la pala riposa, braccia stanche avvolgono una donna
nella pozza ora c'è pace e il leone anche riposa
ogni tavola ha avuto la sua festa
in qualche tavola solo un piatto

lontano dal mondo
occhi stanchi misurano il tempo
buffi di luce si disperdono fuori
l'energico incastro dell'ignoto inizio
lo scienziato si compiace
il gioiello mortale è pronto

nei volti le rughe sono film di lotta
nelle mani testimonianze di un lavoro
nella pozza vale la sua legge
dopo ogni tributo torna la pace
le gazzelle si abbeverano quiete
netti sono i giochi delle parti

sono tante le rughe e le ferite
nei palmi o nel viso scolpite
come tante le strade dal vivere aperte
una mano scura pulisce una gemma
fra la polvere e il buio altri pensieri si uniscono
dal programma compilato finalmente l'output
dita sottili muovono e voci applaudono

gli occhi del leone sono fissi
fissi e attenti quelli del minatore
il sistemista non perde lo schermo
raggiungere deve ciò che vuole
fissi di tutti gli occhi
il medico che cura le tue ferite
il contabile che distribuisce i fondi

le rughe parlano per noi
ma i giochi non sono chiari
ognuno arriva al suo fine
verso una cima salendo trascino l'amico
insieme si arriva o si ferma
perché il gioiello mortale allora?

Il leone guarda i bufali annoiati
il suo odore fermo tranquillizza
semplice la vita nella pozza
in fredde stanze spendiamo la nostra vita
le nostre carte si disperdono in mani sconosciute
ma alcune rughe si perdono nel vizio e nel riso
ecco l'uomo diventa una palla ingombrante

l'ameba si spande e si accoppia
più importa il fine iniziale e remoto
ognuno diventa leone con iene attorno
inizia la caccia al diverso
deriso, affamato, confinato nella sua miniera
nessun limite al ghetto
il gioco è quello del leone quando caccia

noi non cacciamo per fame
l'orgoglio deforme ci spinge lontano
ma, fra mosche, turpitudine e altre amebe
incurante una mano ferma opera e cuce
attende paziente pulendo un pallido volto
il occhi si aprono e... un sorriso...
sarebbe così semplice la vita.
Composta sabato 3 aprile 2010

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    Scritta da: Umberto Zavagno
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    A tutti quelli che si battono per la vita senza pretendere niente in cambio.

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