Scritta da: Matteo Salomone

Emilè

Mi chiamo Emilè
e questa non è la mia storia
ma forse il primo pensiero lucido
in una vita così altrimenti oscura.
Perché vi sembrerà pazzia
ma sto per donare la mia anima
alla donna che ho scavato nella roccia.

Non sono suo amico,
nemmeno credo che ne avesse.
Non è mai stato
che un semplice bottaio,
un emarginato, forse
anche un po' matto.
Per questo ci hanno messo
tanto a ritrovarlo,
era completamente solo.

Avevo così poco nella mia vita
prima di quel giorno,
prima di incontrarla.
La gente ci vedeva solo
un blocco di pietra ma
io ci vedevo Lei,
la donna imprigionata in quella forma.
Davvero non potete capire?

Dicono che nel buio
la sua fosse l'unica luce accesa
di tutta la vallata.
Chissà poi cosa combinasse
per tutta la notte?

Bottaio di giorno, si,
ma la notte ero Dio,
un creatore innamorato
che scava la roccia
per dare sangue al niente.
Perché io la vedevo e io dovevo.

L'hanno ritrovato
accanto a una statua.
C'è chi dice sia il frutto di quelle notti.
Altri sostengono che un bottaio
non può essere stato capace di tanto.
Non lui.

Polvere eri e
polvere sarò presto ma,
in quest attimo solo,
in questa lucida pazzia,
posso vederti, come sempre,
ora come tutti,
eppure come nessuno potrà mai più.

Hanno venduto la statua
per pagare il funerale.
Ora lei è da qualche parte in Europa,
più lontano di quanto
lui sia mai andato.

E spero che Dio possa
perdonare questo furto,
l'anima e la vita che ti ho donato,
perché non mi pento.
Per questo soltanto ho vissuto.
Solo per te ho amato.

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