Scritta da: Maria Rosa Cugudda

Albero indifeso

Betulla era il tuo nome
notte e giorno a stendere le fronde
t'adoperavi.

L'usignolo in un flebile ramo
la reggia aveva costruito
per non turbare la quiete tua.

Nella calura estiva
al ritmo del danzante vento l'ombra spargevi.

Maestosità palesavi
il bimbo gaudente al sorriso esortavi.

Che resta
d'intarsiate fronde negli avviluppati rami?
Poco! L'uomo t'ha preso
una mattina di marzo
e con ardore storpio ti ha reso.

Povera mia voce
combattuto ha la battaglia.

Dopo essersi annoiato
l'uomo ti ha lasciato.

E ora la tua forza ammiro
pur nello strazio fresca esistenza offri
a ciuffi di foglie dei mutilati ceppi!

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