Scritta da: Pierluigi Camilli

Gli umanitari

Ecco il genio umanitario
che del mondo stazionario
unge le carrucole.
Per finir la vecchia lite
tra noi, bestie incivilite
sempre un po' selvatiche,
coll'idea d'essere Orfeo
vuoi mestare in un cibreo
l'universo e reliqua.
Al ronzio di quella lira
ci uniremo, gira gira,
tutti in un gomitolo.
Varietà d'usi e di clima
le son fisime di prima;
è mutata l'aria.
I deserti, i monti, i mari,
son confini da lunari,
sogni di geografi.
Col vapore e coi palloni troveremo gli scorcioni
anco nelle nuvole;
ogni tanto, se ci pare,
scapperemo a desinare
sotto, qui agli antipodi;
e né gemini emisferi
ci uniremo bianchi e neri:
bene! Che bei posteri!
Nascerà di cani e gatti
una razza di mulatti
proprio in corpo e in anima.
La scacchiera d'Arlecchino
sarà il nostro figurino,
simbolo dell'indole.
(Già per questo il Gran Sultano
fé' la giubba al Mussulmano
a coda di rondine!)
Bel gabbione di fratelli!
Di tirarci pè capelli
smetteremo all'ultimo.
Sarà inutile il cannone;
rnorirem d'indigestione,
anzi di nullaggine.
La fiaccona generale
per la storia universale
farà molto comodo.
Io non so se il regno umano
deve aver Papa e Sovrano:
ma se ci hanno a essere,
Il Monarca sarà probo
e discreto: un re del globo
saprà star né limiti.
Ed il capo della fede?
Consoliamoci, si crede
che sarà cattolico.

Finirà, se Dio lo vuole,
questa guerra di parole,
guerra da pettegoli.
Finirà: sarà parlata
una lingua mescolata,
tutta frasi aeree;
e già già da certi tali
nei poemi e nei giornali
si comincia a scriverè.
Il puntiglio discortese
di tener dal suo paese,
sparirà tra gli uomini.
Lo chez-nous'd'un vagabondo
vorrà dire: in questo mondo,
non a casa al diavolo.
Tu, gelosa ipocondria,
che m'inchiodi a casa mia,
escimi dal fegato;
e tu pur chetati, o Musa,
che mi secchi colla scusa
dell'amor di patria.
Son figliuol dell'universo,
e mi sembra tempo perso
scriver per l'Italia.
Cari miei concittadini,
non prendiamo per confini
l'Alpi e la Sicilia.
S'ha da star qui rattrappiti
sul terren che ci ha nutriti?
O che siamo cavoli?
Qua e là nascere adesso,
figuratevi, è lo stesso:
io mi credo Tartaro.
Perché far razza tra noi?
Non è scrupolo da voi:
abbracciamo i barbari!
Un pensier cosmopolita
ci moltiplichi la vita,
e ci slarghi il cranio.
Il cuor nostro accartocciato,
nel sentirsi dilatato,
cesserà di battere.
Così sia: certe battute
fanno male alla salute;
ci è da dare in tisico.
Su venite, io sto per uno;
son di tutti e di nessuno;
non mi vò confondere.
Nella gran cittadinanza,
picchia e mena, ho la speranza
di veder le scimmie
Sì sì, tutto un zibaldone:
alla barba di Platone
ecco la repubblica!

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    Scritta da: Pierluigi Camilli
    Riferimento:
    1841

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