Scritta da: Andrea De Candia
Sono un uomo ferito.
E me ne vorrei andare
e finalmente giungere,
pietà, dove si ascolta
l'uomo che è solo con sé.
Non ho che superbia e bontà.
E mi sento esiliato in mezzo agli uomini.
Ma per essi sto in pena.
Non sarei degno di tornare in me?
Ho popolato di nomi il silenzio.
Ho fatto a pezzi cuore e mente
per cadere in servitù di parole?
Regno sopra fantasmi.
O foglie secche,
anima portata qua e là...
no, odio il vento e la sua voce
di bestia immemorabile.
Dio, coloro che t'implorano
non ti conoscono più che di nome?
M'hai discacciato dalla vita.
Mi discaccerai dalla morte?
Forse l'uomo è anche indegno di sperare.
Anche la fonte del rimorso è secca?
Il peccato che importa,
se alla purezza non conduce più.
La carne si ricorda appena
che una volta fu forte.
È folle e usata, l'anima.
Dio guarda la nostra debolezza.
Vorremmo una certezza.
Di noi nemmeno più ridi?
E compiangici dunque, crudeltà.
Non ne posso più di stare murato
nel desiderio senza amore.
Una traccia mostraci di giustizia.
La tua legge qual è?
Fulmina le mie povere emozioni,
liberami dall'inquietudine.
Sono stanco di urlare senza voce.

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