Scritta da: Gianni Marcantoni

Se ti vuoi ammazzare

Se ti vuoi ammazzare, perché non ti vuoi ammazzare?
Ah, approfittane! Che io che tanto amo la morte e la vita,
se osassi ammazzarmi, anch'io mi ammazzerei...
Ah, se oserai, osa!
A che ti serve il quadro successivo delle immagini esterne
che chiamiamo il mondo?
La cinematografia delle ore recitate
da attori di convenzioni e pose determinate,
il circo policromo del nostro dinamismo senza fine?
A che ti serve il tuo mondo interiore che disconosci?
Forse, ammazzandoti, finalmente lo conoscerai...
Forse, finendo, comincerai...
E, in ogni caso, se ti manca essere,
ah, stancati nobilmente,
e ubriaco non cantare, come me, la vita,
non salutare come me la morte in letteratura!

Sei necessario? O futile ombra chiamata gente!
Nessuno è necessario; non sei necessario a nessuno...
senza di te tutto scorrerà senza di te.
Forse per gli altri è peggio se esisti che se ti ammazzi...
forse pesi di più durando, che cessando di durare...

Il dolore degli altri?... Hai il rimorso anticipato
che ti piangano?
Tranquillo: poco ti piangeranno...
L'impulso vitale asciuga le lacrime poco a poco,
quando non sono per cose nostre,
quando sono per ciò che succede agli altri, soprattutto la morte,
perché è la cosa dopo la quale niente succede agli altri...

Dapprima è l'angustia, la sorpresa della visita
del mistero e dell'assenza della tua vita parlata...
poi l'orrore della bara visibile e materiale,
e gli uomini in nero che esercitano la professione di stare lì.
Poi la famiglia che veglia, inconsolabile e che racconta aneddoti,
piangendo tra le ultime notizie dei giornali della sera,
intersecando il dolore della tua morte con l'ultimo delitto...
e tu mera causa occasionale di quella lamentazione,
tu, veramente morto, molto più morto di quanto pensi...

molto più morto qui, di quanto credi,
anche se sei molto più vivo al di là...

Poi il ritiro nero verso la tomba o la fossa,
e poi l'inizio della morte della tua memoria.
Dapprima c'è in tutti un sollievo
della tragedia un po' seccante che tu sia morto...
Poi la conversazione si alleggerisce man mano,
e la vita di tutti i giorni riprende il suo corso...
Infine, lentamente, sei dimenticato.
Sei ricordato in due date, anniversariamente:
il giorno della tua nascita, e il giorno della tua morte.

Nient'altro, nient'altro, assolutamente nient'altro.
Due volte all'anno pensano a te.
Due volte all'anno sospira per te chi ti amò,
e qualche volta sospirano se per caso si parla ti te.

Guardati a freddo, e guarda a freddo cosa siamo...
Se ti vuoi ammazzare, ammazzati...
Non farti scrupoli morali, incertezze dell'intelligenza!
Che scrupoli o incertezze ha la meccanica della vita?
Che scrupoli chimici ha l'impulso che genera
la linfa, e la circolazione del sangue, e l'amore?
Che memoria degli altri ha il ritmo allegro della vita?

Ah, povera vanità in carne e ossa chiamata uomo,
non vedi che non hai assolutamente nessuna importanza?
Sei importante per te, perché è te stesso che senti.
Sei tutto per te, perché per te sei l'universo,
e lo stesso universo e gli altri
satelliti della tua soggettività oggettiva.
Sei importante per te perché solo tu sei importante per te.
E se tu sei così, o mito, gli altri non sono lo stesso?

Hai, come Amleto, il terrore dello sconosciuto?
Ma cosa è conosciuto? Cosa conosci tu,
per chiamare sconosciuto qualcosa in particolare?

Hai, come Falstaff, un grasso amore per la vita?
Se la ami così materialmente, amala ancor più materialmente:
divieni parte carnale della terra e delle cose!
Disperditi, sistema psichico-chimico
di cellule notturnamente coscienti
nella notturna coscienza dell'incoscienza dei corpi,
nella grande coperta che niente copre delle apparenze,
nel prato e nell'erba della proliferazione degli esseri,
nella nebbia atomica delle cose,
nelle pareti turbinanti
del vuoto dinamico del mondo...

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