Scritta da: Silvana Stremiz

L'esilio

Non ti conobbi mai. Ti riconosco.
Perché già vissi; e quando fui ministro
d'un rito osceno, agitator di sistro
t'ho posseduta al limite d'un bosco.

Bene ravviso il sopracciglio fosco
le bande fulve... Chi segnò di bistro
l'occhio caprino gelido sinistro?
Or ti rivedo in un giardino tosco,

vergine impura, dopo mille e mille
anni d'esilio. Tu, fatta Britanna,
scendi in Italia a ricercarvi il sogno.

Sono tre mila anni che t'agogno!
Ma com'è lungi il sogno che m'affanna!
Dove sono la tunica e le armille?

ii.

Dove sono la tunica e le armille
d'elettro che portavi a Siracusa?
E le fontane e i templi d'Aretusa
e l'erme e gli oleandri delle ville?

Del tempo ti restò nelle pupille
soltanto la lussuria che t'accusa,
vergine impura dalla fronte chiusa
tra le due bande lucide e tranquille.

E questa sera tu lasci le danze
(per quel ricordo al limite d'un bosco? )
tutta fremendo, come un'arpa viva.

Giungono i suoni dalle aperte stanze
fin nel giardino... O bocca! Riconosco
bene il profumo della tua genciva!

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