Poesie di Sergio Corazzini

Poeta, nato nel 1886 a Roma (Italia), morto lunedì 17 giugno 1907 a Roma (Italia)

Asfodeli

Madonna, se il cuore v'offersi,
il cuore giovine e scarlatto,
e se voi, con un magnifico atto,
lo accettaste insieme à miei versi
di fanciullo poeta, e se voi
con l'olio del vostro amore
teneste vivo il suo splendore
e lo appagaste dè suoi
capricci assiduamente,
perché ieri lo faceste
sanguinare, lo faceste
lagrimare dolorosamente?
Tutte le sue gocce rosse
caddero a terra, mute,
e poi che furono cadute
il cuore più non si mosse
e come per incantamento
in ognuna fiorì un asfodelo,
il triste giglio del cielo
da l'eterno ammonimento.
Sergio Corazzini
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    Scritta da: Giacomo V

    Il mio cuore

    Il mio cuore è una rossa
    macchia di sangue dove
    io bagno senza possa
    la penna, a dolci prove

    eternamente mossa.
    E la penna si muove
    e la carta s'arrossa
    sempre a passioni nove.

    Giorno verrà: lo so
    che questo sangue ardente
    a un tratto mancherà,

    che la mia penna avrà
    uno schianto stridente...
    ... e allora morirò.
    Sergio Corazzini
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      La morte di Tantalo

      Noi sedemmo sull'orlo
      della fontana nella vigna d'oro.
      Sedemmo lacrimosi in silenzio.
      Le palpebre della mia dolce amica
      si gonfiavano dietro le lagrime
      come due vele
      dietro una leggera brezza marina.
      Il nostro dolore non era dolore d'amore
      né dolore di nostalgia
      né dolore carnale.
      Noi morivamo tutti i giorni
      cercando una causa divina
      il mio dolce bene ed io.

      Ma quel giorno già vanía
      e la causa della nostra morte
      non era stata rivenuta.

      E calò la sera su la vigna d'oro
      e tanto essa era oscura
      che alle nostre anime apparve
      una nevicata di stelle.

      Assaporammo tutta la notte
      i meravigliosi grappoli.
      Bevemmo l'acqua d'oro,
      e l'alba ci trovò seduti
      sull'orlo della fontana
      nella vigna non piú d'oro.

      O dolce mio amore,
      confessa al viandante
      che non abbiamo saputo morire
      negandoci il frutto saporoso
      e l'acqua d'oro, come la luna.

      E aggiungi che non morremo piú
      e che andremo per la vita
      errando per sempre.
      Sergio Corazzini
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        Desolazione del povero poeta sentimentale

        Perché tu mi dici: poeta?
        Io non sono un poeta.
        Io non sono che un piccolo fanciullo che piange.
        Vedi: non ha che le lagrime da offrire al Silenzio.
        Perché tu mi dici: poeta?
        Le mie tristezze sono povere tristezze comuni.
        Le mie gioie furono semplici,
        sempilci così, che se io dovessi confessarle a te arrossirei.
        Oggi io penso a morire.
        Io voglio morire, solamente perché sono stanco;
        solamente perché i grandi angioli
        su le vetrate delle cattedrali
        mi fanno tremare d'amore e di angoscia;
        solamente perché, io sono, oramai,
        rassegnato come uno specchio,
        come un povero specchio melanconico.
        Vedi che io non sono un poeta:
        sono un fanciullo triste che ha voglia di morire.
        Oh, non meravigliarti della mia tristezza!
        E non domandarmi;
        io non saprei dirti che parole così vane,
        Dio mio così vane,
        che mi verrebbe da piangere come se fossi per morire.
        Le mie lagrime avrebbero l'aria
        di sgranare un rosario di tristezza
        davanti alla mia anima sette volte dolente
        ma io non sarei un poeta;
        sarei semplicemente, un dolce e pensoso fanciullo
        cui avvenisse di pregare, così, come canta e come dorme.
        Io mi comunico del silenzio, cotidianamente, come di Gesù.
        E i sacerdoti del silenzio sono i romori,
        poiché senza di essi io non avrei cercato e trovato il Dio.
        Questa notte ho dormito con le mani in croce.
        Mi sembrò di essere un piccolo e dolce fanciullo
        dimenticato da tutti gli umani,
        povera tenera preda del primo venuto;
        e desiderai di essere venduto,
        di essere battuto
        di essere costretto a digiunare
        per potermi mettere a piangere tutto tutto solo,
        disperatamente triste,
        in un angolo oscuro.
        Io amo la vita semolice delle cose.
        Quante passioni vidi sfogliarsi, a poco a poco,
        per ogni cosa che se ne andava!
        Ma tu non mi comprendi e sorridi.
        E pensi che io sia malato.
        Oh, io sono veramente malato!
        E muoio, un poco, ogni giorno.
        Vedi: come le cose.
        Non sono, dunque, un poeta:
        io so che per esser detto: poeta, conviene
        viver ben altra vita!
        Io non so, Dio mio, che morire.
        Amen.
        Sergio Corazzini
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