Le migliori poesie di Nello Maruca

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Scritta da: Nello Maruca

La partenza

Quel che raggiante pria ora uggioso
è viso ché corpo al veleggiante
legno è presso, pensiero altro loco
posato già sua passione vede
indi i begl'occhi a lacrimare cede
mentre a lento andar scompar naviglio.
Per dir dolor ch'opprime all'altrui è pari
dappresso al boccaporto invia segnale
chi straziato al molo posato ha cuore.
Strazio restato è su molo freddo,
strazio galleggia su schiumos'onda.
Nello Maruca
Composta sabato 30 novembre 1974
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    Scritta da: Nello Maruca

    Porcara

    Vuoi per mola, per faccia ed andatura,
    per volgarità d'animo e costumanza,
    per trivialità di far la sua pastura*
    da porcara, dei porci ha stessa usanza.

    Il puzzo che sprigiona è come puzzola,
    più di vipera ha dente avvelenato;
    subdolo insetto al pari di tignola
    cui l'operare il male è gusto innato.

    Di cattiveria pregno il suo giaciglio,
    tutt'intorno l'aria puzza del Maligno
    e manco l'incenso dato a gran sparpaglio
    riesce a profumar quel volto arcigno.

    Spregevole più di Circe per tranelli
    ch'avea, però, un corpo snello e bello
    e tramutava in porci questi e quelli
    onde tenere Ulisse nel suo ostello.

    A differenza ha vita orripilante,
    maestra nel ferire esseri in norma,
    nessun per essa mai fu spasimante
    mancante essa di modi, d'arte e forma.

    Se maggiore uso dello specchio avesse,
    se riuscisse a contemplarsi dentro,
    se sol di coscienza a conoscenza fosse
    vedrebbe la lordura cui sguazza al centro.

    D'umano parmi sì, ch'abbia qualcosa:
    é un grave atteggiamento a lavandaia;
    no! Per la categoria è offesa a iosa
    in quanto oggetto dell'immondezzaio.
    Nello Maruca
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      Scritta da: Nello Maruca

      Uguaglianza

      Sento da sempre dir con insistenza
      di somiglianza con altrui presenza;
      da tempo studio, io, ciascuna usanza
      e, incontrato mai ho l'uguaglianza.
      Quel che qui dico può sembrar non vero
      E senza scambiare il bianco per il nero
      Vagliamo bene assai la circostanza
      Ed alla cosa diamo giusta importanza.

      Consideriamo il dotto e lo sciancato:
      Il primo se la fa con l'avvocato
      l'altro con le persone abominate
      seguono, perciò, vie divaricate.
      Or l'umile guardiamo e l'orgoglioso:
      Il primo in un cantuccio resta pensoso
      l'altro, a testa alta, baldanzoso
      passeggia col suo fare spocchioso.

      Prendiamo ad esempio la marchesa,
      con chi, secondo voi, ha la sua intesa?
      Certo non con l'onest'uomo di paese
      ma col suo pari rango, nobile marchese.
      la nobildonna dai guantoni bianchi
      malaticcia, occhi cerchiati e stanchi
      porta il suo velo sia per eleganza
      quanto mostrare agli umili importanza.

      Di sul calesse dal mantice nero
      trainato da nobile destriero
      non un sorriso spento, non uno sguardo
      manco all'inchino di stanco vegliardo.
      Luminoso diviene il cereo viso
      e la sua bocca è tutta gran sorriso
      se solo scorge da lontano il ricco
      anche se nell'andare è smorto e fiacco.

      Il capufficio, poi, lo ben sapete
      mostrare preminenza ha grande sete.
      I dipendenti inchioda a scrivania
      a spregio e dell'amore e d'armonia.
      Ancor quando innocenza in aria affiora
      niuno accostamento vedo, poi, ancora,
      tra il magistrato e il malcapitato
      ché poco o tanto resta bacchettato.

      La pari dignità tanto cantata
      da quest'umanità già traviata,
      misconosciuta in ogni umano gesto
      solo giustifica è d'enorme guasto
      al fine che al finir di vita terrena
      sminuita possa essere la pena
      al cospetto del Giudice Divino
      come se a giudicar fosse un padrino.
      Nello Maruca
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        Scritta da: Nello Maruca

        La rosa

        Ha una rosa il mio giardino
        dall'arbusto senza spino;
        germogliata è in gennaio,
        primo fiore del mio vivaio.
        Dalla nascita che fu
        quarant'anni e poco più
        l'orticello è impreziosito
        di quel fiore assai pulito
        c'hà l'odore e lo splendore
        più di altro ogni bel fiore.
        Non è fiore nel mondo intero
        più verace e più sincero.
        Non è fiore in primavera
        tali odori da mane a sera.
        Dalle Ande agli Appennini
        degli Urali ai confini
        per quanti siano fiori
        non trovi quegl'odori.
        Scarso l'orto è d'averi
        ma tal* ricco è il suo vivaio * talmente
        che copre ogni divario.
        Nello Maruca
        Composta giovedì 30 novembre 2006
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          Scritta da: Nello Maruca

          Randagi

          Fummo perch'eravamo quand'ancor
          erano vitali, focosi e fermi Lor;
          or più non siamo perché saremmo solo
          se confissi rimasti fossimo in suolo
          e fosse in noi presenza vista di Loro
          e nostre ovazioni al Ciel fossero coro;
          contenti ancor vivremmo com'allora,
          quel ch'eravamo allora saremmo ancora.

          Ma più non è e, più mai così potrà
          ch'ognuno disperso s'è dritto sentiero,
          colui che s'accompagna mai vorrà
          che si ritrovi quel sentiero primiero.
          China la fronte a ciò che a lor piace,
          imbelli seguitiamo l'altrui volere,
          ad altra volontà noi si soggiace.
          Non intelletto umano ma sol di fere.
          Nello Maruca
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            Scritta da: Nello Maruca

            Qualità del cornuto

            La bontà, è risaputo, qualità
            è del cornuto che quand'anco la sua donna
            trova a letto con l'amico a sfregarsi
            l'ombelico, li osserva desolato
            e per mera umanità, avvilito,
            se ne va..
            Poi credendo che l'amico dipartito
            si sia già, come d'uso d'ogni dì,
            torna a casa al mezzodì; da sull'uscio
            fragoroso ode il riso degl'amanti
            e allora cosa fà? Scoraggiato
            se ne va.
            Attraversa il ponte grande, scende giù,
            verso la valle, si sofferma sulla sponda,
            guarda l'acqua gorgogliante: si lo fò.
            Indi pensa alla sua donna, indietreggia
            di un bel po': Poverina! Non lo fò.
            Ed allora cosa fa? Mogio, mogio
            se ne va.
            La campana dondolante dona l'ora
            della sera, il profumo delle viole
            sta a nunziare la primavera;
            Lui è solo nei suoi pensieri: a quest'ora
            ancor lo trovo? Certo no!, è ora di cena.
            Farfugliando in questo dire verso casa
            s'incammina.
            Mentre il sole cala a ponente
            avanzando lentamente, con il cuore
            palpitante guarda in alto, ahimè
            chi vede? È l'amico alla veranda
            che ridendo sta cenando. Si domanda:
            Mo che fò? Più lontano me ne vo.
            Poi, intanto, la campana dalla vetta
            al campanile lenta batte mezzanotte;
            con in cuore speranze vane fa ritroso
            il suo cammino, alla luce della luna
            della casa ai gradini stancamente
            s'incammina e la chiave nella toppa
            ruota lento, pian pianino e con fare
            quasi furtivo alla camera da letto
            tristemente s'avvicina. La sua donna
            con la guancia è distesa sulla pancia
            dell'amante ch'è d'accanto. Indietreggia,
            va in cucina, un trinciante stringe
            in pugno e s'avventa alla consorte
            e dell'uomo fa stessa sorte. Poi s'accascia
            lentamente e riposa, finalmente.
            Pure questo è risaputo qualità
            è del cornuto. N. Maruca.
            Nello Maruca
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              Scritta da: Nello Maruca

              Preghiera

              Quell'essere cattivo, pestilente
              come canna al vento è fluttuante,
              alfine di ferire l'umanità
              passa dall'una all'altra malignità.
              Gode nel vedere dell'altrui le pene
              ché il male in petto tiene, non il bene;
              la dignità per esso è cosa insulsa,
              come l'umanità gli è di ripulsa.

              Ascolta! mio Signore, non far l'ingrato:
              trasportalo dov'è pace e sia "beato".
              Se posto più non è ch'è esaurito
              Fa che in inferno arda all'infinito.
              Nello Maruca
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                Scritta da: Nello Maruca

                Lussuria

                Dapprima all'uomo Iddio donò la vita,
                del costato di lui donna formò ardita,
                d'ella ad Adamo regalò il sorriso
                assieme a regale casa in Paradiso.

                Nasce, così, il connubio umano
                ch'essendo buono diventa tosto strano
                tanto che pur di cristianità esser dottrina
                stringi una mano e presto sei in berlina.

                Finché il giorno arrivò del matrimonio
                giammai fu Adamo d'abominio a Dio.
                Sempre fedele fu agl'insegnamenti,
                mai il proibito toccò degl'alimenti.

                Ma quando ch'ebbe con egli la compagna
                lasciossi intenerire da sua lagna;
                a viso bello, in personaggio abietto,
                resistere non seppe, poveretto!

                Onde non essere ad ella in dispiacere
                fece quel ch'era d'ella il suo volere:
                Avido ingurgitò il frutto proibito
                che penzolava dall'albero lì sito.

                Subito preso fu da gran terrore
                e d'incontrare Iddio ebbe timore;
                paura aveva d'essere trovato
                ma fu scovato e lesto fu scacciato.

                Errabondo va l'uomo da quel dì
                per la scomunica ch'addosso gli finì,
                per colpa della donna maledetta
                l'umanità ridotta è alla distretta.

                Beato chi da sol vita conduce
                ché, d'essa a fine, finisce nella Luce.
                Il Maligno da sé ha distanziato
                giacché donna in vita ha mai amato.

                Per quel che sopra è detto, o uomo saggio,
                deserta il tristo tuo retaggio
                e da cattiva lonza stai in lontananza
                poiché lupo la veste perde, non l'usanza.
                Nello Maruca
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                  Scritta da: Nello Maruca

                  Il pentimento

                  O Genitori che state sotto ai pini
                  Udite la mia prece o miei divini,
                  sentite quanto grande è il pentimento
                  di me che non ho colto il buon momento.

                  Di stupidità pervasa la mia mente
                  Indegnamente fui da Voi assente
                  Ed or che più rimediar non posso
                  Il danno rimpiango e il tempo lasso

                  E me compiango di quanto non fui lesto
                  E per quanto vile fu ogni mio gesto
                  Nel trascurare per bramosia i Vostri affanni
                  ArrecandoVi assai molti più danni.

                  Per i dovuti e mancati omaggi
                  Perdono: la mia prece è per Voi oggi,
                  finché vivrò nel profondo del petto Vi terrò
                  e sempre nei pensieri reconditi Vi avrò.

                  Del male fatto assai molto mi dolgo
                  E a Voi Anime elette mi rivolgo:
                  Alfin che trovi la perduta calma
                  Raggiunga il perdon Vostro la mia alma.
                  Nello Maruca
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