Le migliori poesie di Michele Serafini

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Babbo natale non esiste

Quando finalmente le ombre le ho lasciate tre isolati indietro
e rientro, stremato e fiero, dalla porta principale,
e tra le mani tengo saldo e orgoglioso il dono del mio io presente,
Lei è ancora lì, nell'albergo che mi attende.

Ma il salottino dei timori ha le ombre lunghe del passato,
e dall'angolo oscuro,
da quell'unica prospettiva di verità a cui era abituata,
Lei, principessa che nulla deve,
dalla penombra mi scruta le tasche cercando polvere e indizi.

Tu sei lì, entusiasta e lindo come un bambino a natale,
con gli occhioni luccicanti e in mano il tuo bel regalo e la voglia di viverlo,
ma lei non ti vede;
esaminatrice cieca vede ombre, passato e polvere.

Babbo natale non esiste!
Il fendente squarcia le viscere,
Lei non mi vede!
Il sangue imbratta il regalo mentre barcollo sulle mie sicurezze:
Lei vede le sue paure.

Le mani tremano, le mura crollano, mi lascio andare,
mollo la presa e il regalo è già frantumi.
Lei non mi vede.

Gelida fissa i cocci sparsi ai miei piedi e tra essi le mie ombre,
che solo un istante prima vagavano orfane in Alabama o giù di lì,
e ora già ghignano, beffarde e crudeli,
tra i resti di quello che potevo essere,
se solo lei avesse voluto crederci.
Michele Serafini
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    Bufere infrante

    Il mare è liscio e scuro, come ieri, come domani;
    si annerisce e acquieta sul pomeriggio immobile.
    Nessun mostro all'orizzonte, nessun miraggio violentato,
    nessuna sorpresa nel navigare isolato.

    Bevo birra, fumo fumo, aspiro il vento,
    godo l'istante brado che sempre arriva, solo, nella resa.
    Imbastisco difese per le tempeste che verranno, lo so,
    giungeranno puntuali da un tramonto svergognato,
    accompagnate dai fulmini dei suoi occhi traditori
    e dal tuonare cupo dei ricordi calpestati.

    Ma stavolta non mi avranno, stavolta non mi troveranno.

    Ricordati: a nulla è valso credere, illudersi e dibattersi;
    a nulla è servito lottare, discutere, perdonare, combattere, dimenarsi e sanguinare.
    Non scordarti gli angoli bui in cui lei apparecchiava il tempo storto,
    portando in tavola la nostra rovina.

    Non dimenticare le spremute di vita vomitate e disperse, le parole sciolte e disperate, le urla e i pianti platealmente srotolati, violati e sbeffeggiati, come sputi impuniti di lacrime avvelenate.

    Tutto è inutile, maledetta, tutto è bufera infranta sull'ostinato tuo voler vedere tentacoli e orche assassine emergere, invadere, azzannare e stritolare il nostro mare che era bello,
    e che ora è solo tonnara insanguinata,
    rami marci di naufragio e rossa schiuma.

    Via, scompari da me, lasciami solo, nel vuoto, a sgocciolare ricordi.
    Inutile lottare quando una parte di noi si volge contro noi,
    quando una parte di me, che non son io ma sei tu,
    si rivolta e mi sgozza, in ogni istante mio distratto.
    Inevitabile è il naufragio lungo le rotte assassine del tuo-nostro suicidio.

    Così, vergine arrendevole ai tuoi spiriti irrazionali, scelgo l'abisso, voto il deserto;
    così, bambino stuprato e bastonato, fuggo e salvo, o anticipo soltanto, con esilio volontario,
    l'ora del tramonto e del nostro sfiorire.

    Così, volgo le vele al vento sbieco,
    e lungo scivolose correnti,
    precedo il tempo del mio morire.
    Michele Serafini
    Composta domenica 30 novembre 2008
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      Vicolo cieco (il matto sono io)

      È inutile e ne ho provate
      e il tempo è di una vita,
      si vede che proprio non mi interessa,
      senza noi.

      Goccia dopo goccia il mare evapora in nuvole nere, deserto e sale.
      L'oceano allora sembrava immenso ma il mio navigare era in tondo.
      I giri sempre più piccoli, il mare chiuso si dissolve.

      Inesperto idiota, navigavo in paludi pur di restare nel riflesso del mare tuo e mio.
      Il fango e le sterpi hanno bloccato la nave, all'undicesimo giro la mia testa rotola.

      Il mare è prosciugato. La barca si è arenata lentamente.
      Mille e mille onde attraversate, l'entusiasmo e la sensazione di farcela,
      e ce la si poteva fare, noi, e ce la si poteva fare...
      ma tutto sembra inutile, senza...

      La tristezza è ancora combattere; l'arrendersi, invece, è già distanza, è quasi un sorriso ironico.

      Il relitto, inclinato su una pozza melmosa, assapora la calma, attende il sipario.
      La mia mente, dal suo ponte storto, respira il deserto.

      Le luci sono puntini distanti, il nero intorno sbiadisce, non fa freddo.
      Basterebbe scendere a rincorrere aquiloni e miraggi facendo finta di crederci, mi dico;
      e invece, cosciente e volente in disfatta aspetto, rinchiuso in coperta,
      la sabbia che già ticchetta sul ponte.

      p. s. - Aveva ragione il tuo inspiegabile magone: il matto sono io.

      p. s. 2 - Ma tu, tutto questo, non lo saprai,
      che tu sia comunque felice, un po' mi basta.
      Michele Serafini
      Composta domenica 30 novembre 2008
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