Poesie di Maria Concetta Arcioni

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Scoiattolo

Sei sempre in fuga,
non riesco a vederti,
a prenderti.
Eppure mi guardi
e pare che cogli
il mio desiderio.

Hai forse paura?
Che cosa c'è che
ti fa fuggire sempre?
Riesco una volta a
a prenderti.
Mentre impaurito
cerchi di sottrarti,
le mie braccia ti
tengono.

Tremi, ma io non
posso vivere senza
di te.
Ora non fuggi più.
Ora sai,
e sei felice.

- a un figlio -.
Maria Concetta Arcioni
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    Fruscio di ali

    Sono un volo continuo
    di uccelli.
    Fruscio di ali,
    nell'aria,
    intorno a me.

    Girano a frotte
    e continuano sempre
    questo rituale
    svolazzare
    che mi attira e
    mi dà timore.

    Vorrei trattenere
    uno di loro,
    afferrarlo,
    e tenerlo per sempre
    con me.

    Ma non ci riesco,
    c'è qualcosa al di fuori
    della mia portata umana.

    Ma... ecco, se ne vanno.
    È finita.

    Sento un distacco atroce,
    perché so che non potrò
    più averli,
    né sentirli, né udirli.

    Ma, chissà se un giorno
    risentirò mai
    da qualche parte,
    in questo immenso
    quel fruscio di ali.
    Maria Concetta Arcioni
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      Una farfalla

      Una piccola farfalla
      esce, inizia i suoi
      primi incerti voli.

      Una mano la prende
      e la depone su di
      un fiore, grande e meraviglioso.

      La farfalla è felice,
      put le sue ali
      non sono abbastanza
      cresciute
      per volar via.

      E rimane lì,
      su quel fiore profumato.

      In attesa di crescere
      piccola piccola
      rimane sola.

      Una lacrima scende
      e bagna l'odoroso fiore.

      Perché l'hanno adagiata
      su quel trono?

      La sua bellezza era
      più importante
      della sua solitudine.
      Maria Concetta Arcioni
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        Il paese senza scarpe

        Tante piccole case,
        appena si entra,
        la testa vien formandosi,
        un po' arruffata,
        tinteggiata di rosa
        nelle guance,
        un po' di ombretto verde,
        i capelli sono grigi.
        Via via il corpo si flette
        dirigendo le sue membra
        verso la discesa.
        L'ampiapiazza gli fa da cintura.
        Il suo cuore palpita
        attraverso il vecchio campanile.
        Le gambe scendono giù,
        quasi radici
        dell'antico borgo,
        stanche, memori
        di tanti ricordi.
        In fondo... i suoi piedi
        sono nudi.
        È strtano...
        Non ha le scarpe.
        Un po' di tenerezza
        mi prende
        per quei vecchi piedi scalzi.
        Le scarpe ormai
        consumate dai secoli
        sono rotte,
        al loro posto macerie,
        tegole cascanti,
        ostinatamente aggrappate
        alle pareti
        di case cadute.
        Ecco... mi piacerebbe
        regalare a qusto vecchio
        tenero corpo
        un paio di scarpe nuove.
        Maria Concetta Arcioni
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