Le migliori poesie di Gianluca Cristadoro

Ingegnere, nato giovedì 15 agosto 1968 a Roma (Italia)
Questo autore lo trovi anche in Frasi & Aforismi, in Indovinelli, in Umorismo, in Racconti, in Frasi per ogni occasione, in Proverbi e in Diario.

Scritta da: Gianluca Cristadoro

Accadrà, un giorno

E quando ti troverà,
quando lo troverai,
non ti terrò legata.

Quando ti rapirà gli occhi e il cuore
ti guarderò allontanarti
e se ti volterai,
con gli occhi lucidi di rimpianto,
stringendosi al ricordo dei tuoi giochi,
il mio sorriso ti abbraccerà.

Quando l'Amore ti guarderà
non ti mostrerò la strada.
Lo saprai seguire
riconoscendola fra mille.
Gianluca Cristadoro
Composta venerdì 21 dicembre 2018
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    Scritta da: Gianluca Cristadoro

    Il vento

    Amore mio piccino,
    a te che sei bambino,
    il Vento ti presento,
    è il solo in mezzo a cento!

    È un tipo bricconcello,
    arriva sul più bello.
    Ti sferza un poco il viso,
    se piangi o sei hai il sorriso.
    Ti preme sulla faccia,
    che tu lo voglia o piaccia.

    È poco rispettoso,
    a volte dispettoso,
    ma doti ne ha più d'una.
    Puoi chiederlo alla luna.

    A Lui ben poco importa
    se la coperta hai corta,
    se ricco sei e potente
    o in mano stringi il niente!

    Se poi lo vuoi afferrare,
    passeggia in riva al mare...
    lo sentirai spirare,
    ma senza mai perire...
    tra il fare e ancor il dire.

    A casa te ne torni
    pensando a quei bei giorni
    in cui incontrasti il vento,
    il solo in mezzo a cento
    che d'improvviso tace
    e riempie il cuor di pace... "
    Gianluca Cristadoro
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      Scritta da: Gianluca Cristadoro

      Ti ricorderai di me

      Quando di me non conserverai che ricordi sbiaditi,
      quando affiorerà il sottile dispiacere dell'incompiuto,
      di un amore irrisolto,
      del sostegno claudicante,
      allora, penserai alle canzoni cantate insieme a squarciagola,
      al goffo riscatto di quei rari spensierati momenti.
      Gianluca Cristadoro
      Composta venerdì 3 marzo 2017
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        Scritta da: Gianluca Cristadoro

        Sgozzati o strozzati?

        Stammatina me sentivo 'ntronato come 'na campana
        appena c' ha 'ntuzzato cor batacchio
        che 'n po' scorato peggio de' n'abbacchio
        m'aripenzavo ar sogno e a quella notte strana.

        Mo' va ricconto de' quer tale che me venne 'ncontro
        e che me disse co' na' vociaccia greve...
        "A sor coso... Ve la faccio breve...
        Me dovete da' li sordi sinno ve troverete contro

        nun solo er qui presente ma puro li briganti,
        le guardie der Papa, li burini e lì francesi
        che l'urtimi a resiste l'hanno appesi.
        Perciò fori l'argento, li scudi e lì brillanti.".

        Nel mentre che finiva sta poesia
        "n cortello se levo" dalla saccoccia
        e co' la punta me striscio' la faccia
        co' poco garbo e senza cortesia.

        A quer signore tanto riguardoso
        Co' 'no strano cilindro pe' capoccia
        Je stavo pe' risponne "Suvvia taccia!
        Riponga il suo far rude e ardimentoso!".

        Ma prima che da bbocca 'scisse 'n fiato,
        sentii la lama preme er gargarozzo...
        Me risvejai e me feci 'n ber ficozzo
        Sbattenno er capoccione mio sudato.

        M'arzai de scatto a rinfrescamme er viso
        a trova' pace e 'n cerca de 'n soriso.
        Girai er caffè dar drento de la tazza
        Penzanno... "N'artro po' quello m'ammazza!"

        Ma riggiranno l'occhi ar tavolino
        Nun vidi della luce la bolletta?
        "Du' mila Euri sorte che m'aspetta!".
        Cor fegheto già a pezzi dar matino.

        Me ribbuttai sur letto appiccicoso
        gridanno poi nel sonno "Aho! A Sor coso!
        E' mejo dar cortello esse ammazzato
        che dalli troppi debbiti strozzato!".

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        Traduzione

        Stamattina mi sentivo frastornato come una campana
        appena scontratasi con il battaglio
        mentre, avvertendo un forte scoramento,
        ripensavo al sogno fatto in quella notte strana.

        Ora vi racconto di quel tale che mi venne incontro
        rivolgendosi a me con una voce molto greve:
        "Senta... caro signore... ve la faccio breve...
        Mi dovete dare i vostri soldi altrimenti vi troverete contro

        non solo il sottoscritto ma anche i briganti,
        le guardie del Papa, la gente rozza e i francesi.
        Sappiate che gli ultimi ad aver opposto resistenza sono stati impiccati.
        Perciò datemi argento, monete e brillanti."

        Mentre finiva di dire queste parole
        estrasse un coltello dalla tasca
        passandomene di striscio la punta sul viso,
        senza garbo e cortesia.

        A quel signore tanto rispettoso della mia persona
        e con quello strano cilindro in testa,
        stavo per rispondere: "Suvvia taccia!
        Riponga il suo far rude e ardimentoso!".

        Ma ancor prima che potessi proferire una sola parola
        sentii la lama del coltello premere sotto la gola.
        Mi risvegliai e mi feci un bel bozzo
        sbattendo la testa tutta intrisa di sudore.

        Mi alzai di scatto andando a sciacquarmi il viso
        in cerca di pace e di un sorriso.
        Girai il caffè nella tazza
        pensando... "Ancora un po' e quel tale mi avrebbe ucciso"

        Ma volgendo lo sguardo verso il tavolino
        con mio grande stupore vidi la bolletta della luce.
        "Duemila Euro da pagare è quel che mi aspetta!",
        con il mio povero fegato già a pezzi dal primo mattino!

        Mi ributtai sul letto ormai sgualcito
        gridando, nel sonno, "Senta... Signore!
        Preferisco essere sgozzato dal vostro coltello
        che finire i miei giorni strozzato dai troppi debiti!".
        Gianluca Cristadoro
        Composta martedì 26 novembre 2013
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          Scritta da: Gianluca Cristadoro

          Prudenza e Coraggio

          Coraggio, fratel di Rischio e d'Azzardo parente alla lontana,
          si presentò un bel giorno a casa di Prudenza. Pardon nella sua tana.

          Prudenza di Rinuncia era la madre.
          Da Lei venne Coraggio a protestare:

          – La mano io già chiesi di Tua figlia,
          di tempo ne è passato e neanche poco,
          Son già più di sei mesi, che ti piglia?
          Sarà che vuoi di me prenderti gioco?
          Non degno di risposta forse sembro?
          Non vuoi della famiglia ch'io sia membro?

          Rispondi orsù, dai, insistere non farmi!
          Che io non sia costretto a brandir l'armi.
          Sappi ch'è pel suo bene che ti parlo!
          Su dimmi! II matrimonio s'ha da farlo? –

          Usando di parole non più tante,
          rispose senza fretta all'aspirante:

          – Mio caro, non c'è fretta, non mi pare...
          Quando verrà il momento puoi sperare
          che il mio saggio responso sia a te accetto.
          Ma intanto puoi tornar subito al letto! –

          Coraggio di favella era dotato
          e subito rispose d'un sol fiato:

          – Non già di me curare Tu di devi
          Tua figlia, tu soffrire non la vedi?
          Di tutto l'hai privata, da piccina.
          Il mondo non Le hai fatto mai incontrare!
          Né monti, laghi e immensità del mare
          mai vide da lì dentro poverina!
          Nella caverna l'hai rinchiusa a forza
          della paura togliere la scorza
          difficile sarà, ma sempre peggio!
          Se vuoi te lo ripeto col solfeggio! –

          Prudenza, non a caso si chiamava,
          da tempo mai nessun si inimicava.

          È qui che vide Rischio all'orizzonte
          e mano si passò sulla sua fronte.
          Di quello di timore un po' ne aveva
          Ma sbilanciarsi certo non voleva.

          Idea brillante in mente poi Le venne.
          Così si pronunciò con far solenne:

          – Coraggio, vai tu stesso a disturbarla,
          ChiediLe se per caso voglia uscire
          Vediamo se con Te per sorte parla
          Oppur se ancor là dentro vuol poltrire –

          Si domandò Coraggio un po' sorpreso
          se quella mossa che sembrava furba
          fosse inspirata da chi un po' lo turba
          ch'è suo cugino Azzardo ch'era offeso
          dal dì che Lui gli disse ch'era matto
          e mai avrebber stretto insieme un patto.

          Ma qui il cugino non c'entrava niente.
          Altro però non gli veniva in mente
          E prode si diresse all'antro oscuro
          Sperando di non sbatter contro un muro.

          Poi tosto si lanciò a invocar l'amata,
          ormai quasi da tutti abbandonata.

          – Rinuncia! Son Coraggio, tuo diletto!
          Esci da quelle tenebre, t'aspetto!
          Non più dovrai soffrir di mille pene.
          Chè a una dolce donzella non conviene
          restar per anni chiusa lì nell'ombra
          Che il cuore mio, sapendolo, s'adombra! –

          Rinuncia, combattuta come mai,
          stentò non poco e disse – Che farai?

          Se io di qui uscirò tu amar potrai
          una fanciulla che sol per paura
          di far con tutti poi brutta figura
          si negherà se pur non lo vorrai? –

          Con Lui sarebbe stata un'altra tinta,
          la rincuorò all'istante il Suo promesso,
          ma Lei rispose - No! Non m'hai convinta! -

          – Coraggio io ce l'ho ma non sò fesso –
          Pensò a quel punto il Nostro e poi soggiunge
          – Mi son stufato! – e a conclusione giunse
          che insister con Rinuncia era sbagliato
          e a casa sua tornò un po' scoraggiato!
          Gianluca Cristadoro
          Composta lunedì 19 agosto 2013
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            Scritta da: Gianluca Cristadoro

            Filastrocca della sera

            Filastrocca della sera,
            leggo al bimbo mio che spera
            di sognar di maghi e fate
            e di favole incantate,
            dove rose e prati in fiore
            accarezzan con amore
            i tuoi sogni di fanciullo
            dove i giochi son trastullo.

            Contro schiere di furfanti
            fan la guerra cento fanti
            tutti armati fino ai denti
            ma non conti fino a venti.

            Soldatini metti in fila,
            di giocattoli una pila
            poi di libri ne apri otto
            si riempie in un sol botto
            la tua stanza di giochini
            che di spazio pei piedini
            non c'è più e la mamma grida,
            sembra quasi una corrida.

            Ecco un toro, si fa sotto.
            Tu lo schivi e son diciotto!
            Poi ti fermi e ti rilassi.
            Scendi a fare quattro passi.

            Dove sta la tua energia?
            Io non trovo più la mia
            per rincorrerti in cortile.
            Ma son uomo e non un vile.

            Or ti afferro e poi ti piglio
            ti terrò adorato figlio
            fra le braccia mie di padre
            e di quelle di tua madre.

            Ora è tardi si va a letto
            non v'è più per tuo diletto
            tempo per giocare a dadi,
            con le carte o negli armadi.

            Filastrocca della sera
            legge il babbo tuo che spera
            che nel sonno più profondo
            cada tu ma non il mondo.
            Gianluca Cristadoro
            Composta venerdì 6 settembre 2013
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