Le migliori poesie di Eugenio Montale

Scrittore, poeta, giornalista, traduttore e critico musicale, nato lunedì 12 ottobre 1896 a Genova (Italia), morto sabato 12 settembre 1981 a Milano (Italia)
Questo autore lo trovi anche in Frasi & Aforismi.

Scritta da: Silvana Stremiz

Spesso il male di vivere ho incontrato

Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l'incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.
Bene non seppi; fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.
Eugenio Montale
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    Il carnevale di Gerti

    Se la ruota si impiglia nel groviglio
    delle stesse filanti ed il cavallo
    s'impenna tra la calca, se ti nevica
    fra i capelli e le mani un lungo brivido
    d'iridi trascorrenti o alzano i bambini
    le flebili ocarine che salutano
    il tuo viaggio e i lievi echi si sfaldano
    giù dal ponte sul fiume
    se si sfolla la strada e ti conduce
    in un mondo soffiato entro una tremula
    bolla d'aria e di luce dove il sole
    saluta la tua grazia-hai ritrovato
    forse la strada che tentò un istante
    il piombo fuso a mezzanotte quando
    finì l'anno tranquillo senza spari.

    Ed ora vuoi sostare dove un filtro
    fa spogli i suoni
    e ne deriva i sorridenti ed acri
    fumi che ti compongono il domani;
    ora chiedi il paese dove gli onagri
    mordano quadri di zucchero dalle tue mani
    e i tozzi alberi spuntino germogli
    miracolosi al becco dei pavoni.

    (Oh, il tuo carnevale sarà più triste
    stanotte anche del mio, chiusa fra i doni
    tu per gli assenti: carri dalle tinte
    di rosolio, fantocci ed archibugi,
    palle di gomma, arnesi da cucina
    lillipuziani: l'urna li segnava
    a ognuno dei lontani amici l'ora
    che il gennaio si schiuse e nel silenzio
    si compì il sortilegio. È carnevale
    o il dicembre s'indugia ancora? Penso
    che se muovi la lancetta al piccolo
    orologio che rechi al polso, tutto
    arretrerà dentro un disfatto prisma
    babelico di forme e di colori... )

    E il natale verrà e il giorno dell'anno
    che sfolla le caserme e ti riporta
    gli amici spersi e questo carnevale
    pur esso tornerà che ora ci sfugge
    tra i muri che si fendono già. Chiedi
    tu di fermare il tempo sul paese
    che attorno si dilata? Le grandi ali
    screziate ti sfiorano, le logge
    sospingono all'aperto esili bambole
    bionde, vive, le pale dei mulini
    rotano fisse sulle pozze garrule.
    Chiedi di trattenere le campane
    d'argento sopra il borgo e il suono rauco
    delle colombe? Chiedi tu i mattini
    trepidi delle tue prode lontane?

    Come tutto si fa strano e difficile
    come tutto è impossibile, tu dici.
    La tua vita è quaggiù dove rimbombano
    le ruote dei carriaggi senza posa
    e nulla torna se non forse
    in questi disguidi del possibile.
    Ritorna là fra i morti balocchi
    ove è negato pur morire; e col tempo che ti batte
    al polso e all'esistenza ti ridona,
    tra le mura pesanti che non s'aprono
    al gorgo degli umani affaticato,
    torna alla via dove con te intristisco
    quella che mi additò un piombo raggelato
    alle mie, alle tue sere:
    torna alle primavere che non fioriscono.
    Eugenio Montale
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      Scritta da: Elisa Iacobellis
      Antico, sono ubriacato dalla voce ch'esce
      dalle tue bocche quando si schiudono come verdi campane
      e si ributtano indietro e si disciolgono.
      La casa delle mie estati lontane, t'era accanto, lo sai,
      là nel paese dove il sole cuoce e annuvolano l'aria le zanzare.
      Come allora oggi in tua presenza impietro, mare, ma non più
      degno mi credo del solenne ammonimento del tuo respiro.
      Tu m'hai detto primo che il piccino fermento del mio cuore
      non era che un momento del tuo; che mi era in fondo
      la tua legge rischiosa: esser vasto e diverso e insieme fisso:
      e svuotarmi così d'ogni lordura come tu fai che sbatti
      sulle sponde tra sugheri alghe asterie le inutili macerie
      del tuo abisso.
      Eugenio Montale
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        In limine

        Godi se il vento ch'entra nel pomario
        vi rimena l'ondata della vita:
        qui dove affonda un morto
        viluppo di memorie,
        orto non era, ma reliquario.

        Il frullo che tu senti non è un volo,
        ma il commuoversi dell'eterno grembo;
        vedi che si trasforma questo lembo
        di terra solitario in un crogiuolo.

        Un rovello è di qua dall'erto muro.
        Se procedi t'imbatti
        tu forse nel fantasma che ti salva:
        si compongono qui le storie, gli atti
        scancellati pel giuoco del futuro.

        Cerca una maglia rotta nella rete
        che ci stringe, tu balza fuori, fuggi!
        Va, per te l'ho pregato, - ora la sete
        mi sarà lieve, meno acre la ruggine...
        Eugenio Montale
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          Felicità raggiunta

          Felicità raggiunta, si cammina
          per te sul fil di lama.
          Agli occhi sei barlume che vacilla
          al piede, teso ghiaccio che s'incrina;
          e dunque non ti tocchi chi più t'ama.

          Se giungi sulle anime invase
          di tristezza e le schiari, il tuo mattino
          è dolce e turbatore come i nidi delle cimase.
          Ma nulla paga il pianto di un bambino
          a cui fugge il pallone tra le case.
          Eugenio Montale
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            Scritta da: Silvana Stremiz

            La belle dame sans merci

            Certo i gabbiani cantonali hanno atteso invano
            le briciole di pane che io gettavo
            sul tuo balcone perché tu sentissi
            anche chiusa nel sonno le loro strida.

            Oggi manchiamo all'appuntamento tutti e due
            e il nostro breakfast gela fra cataste
            per me di libri inutili e per te di reliquie
            che non so: calendari, astucci, fiale e creme.

            Stupefacente il tuo volto s'ostina ancora, stagliato
            sui fondali di calce del mattino;
            ma una vita senz'ali non lo raggiunge e il suo fuoco
            soffocato è il bagliore dell'accendino.
            Eugenio Montale
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              Scritta da: Silvana Stremiz

              L'anguilla

              L'anguilla, la sirena
              dei mari freddi che lascia il Baltico
              per giungere ai nostri mari,
              ai nostri estuari, ai fiumi
              che risale in profondo, sotto la piena avversa,
              di ramo in ramo e poi
              di capello in capello, assottigliati,
              sempre piú addentro, sempre piú nel cuore
              del macigno, filtrando
              tra gorielli di melma finché un giorno
              una luce scoccata dai castagni
              ne accende il guizzo in pozze d'acquamorta,
              nei fossi che declinano
              dai balzi d'Appennino alla Romagna;
              l'anguilla, torcia, frusta,
              freccia d'Amore in terra
              che solo i nostri botri o i disseccati
              ruscelli pirenaici riconducono
              a paradisi di fecondazione;
              l'anima verde che cerca
              vita là dove solo
              morde l'arsura e la desolazione,
              la scintilla che dice
              tutto comincia quando tutto pare
              incarbonirsi, bronco seppellito:
              l'iride breve, gemella
              di quella che incastonano i tuoi cigli
              e fai brillare intatta in mezzo ai figli
              dell'uomo, immersi nel tuo fango, puoi tu
              non crederla sorella?
              Eugenio Montale
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                Tuo fratello

                Tuo fratello morì giovane;
                tu eri la bimba scaruffata che mi guarda
                "in posa" nell'ovale di un ritratto.
                Scrisse musiche inedite, inaudite
                oggi sepolte in un baule, o andate al macero.
                Forse le reinventa qualcuno
                inconsapevole se ciò che è scritto è scritto.
                L'amavo senza averlo conosciuto.
                Fuori di te nessuno lo ricordava.
                Non ho fatto ricerche: ora è inutile.

                Dopo di te sono rimasto il solo
                per cui egli è esistito. Ma è possibile,
                lo sai, amare un'ombra, ombre noi stessi.
                Eugenio Montale
                Composta giovedì 1 luglio 2010
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                  Upupa, ilare uccello calunniato

                  Upupa, ilare uccello calunniato
                  dai poeti, che roti la tua cresta
                  sopra l'aereo stollo del pollaio
                  e come un finto gallo giri al vento;
                  nunzio primaverile, upupa, come
                  per te il tempo s'arresta,
                  non muore più il Febbraio,
                  come tutto di fuori si protende
                  al muover del tuo capo,
                  aligero folletto, e tu lo ignori.
                  Eugenio Montale
                  Composta giovedì 7 luglio 2011
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