Abbraccio

Nel buio fondo di una estiva notte
quella mia Stella per me ormai più non brilla
ed un improvviso gelo
nuovo e mai prima conosciuto
a far visita entrava
inaspettatamente dentro me.

Quando il calore di un vero abbraccio
nella sincera commozione
di un vero amico ritrovato
giungeva presto in mio soccorso
nel più muto ed ermetico mio dolore
a sollevarmi senza averlo
a nessuno chiesto
come quando un bel regalo
giunge a te inaspettatamente
per farsi ancor più grande e bello.

Che mistero questa vita
a regalarci in uno stesso preciso istante
come un gran dolore
ma anche gioia immensa
per un sincero abbraccio
che non è facile in questo mondo reperire
senza dover comprare
e che invece è giunto a me
come quel regalo
inaspettatemente
così grande, così bello
che per questo
mai dimenticherò.
Davide Petrinca
Composta giovedì 18 agosto 2011
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    Verso il sole

    Servimi di tutta l'energia che ne godi
    che dal tuo, respiro eterno
    spari al vuoto, d'infinito cosmo
    come di tal abisso dell'umana anima
    quando ne precipito
    per quel mio triste amore
    che ormai, è solo ricordo.

    Dentro, il mio sguardo, a te rivolgo
    a te contro, per più sentirmi forte
    di una giornata, verso di te posso
    il valor vero, sentire adesso
    del bello, dopo la notte.

    Potenza della vita, sopra ogni cosa
    quando il cielo è terso
    e fresco, come una rosa
    di luce il mio spento cuore, sai fendere
    come me solo, ma colmo di muta energia
    mi dai, sincera compagnia
    nel lungo giorno che solo tu
    sai far, davvero splendere.

    Governi il mondo, per la tua luce
    tendi una mano alla solitudine, dolcemente
    che ora a me insieme a te, quasi piace
    e che da troppo tempo, mi circonda
    pura energia, vera e travolgente
    come il violento mar, con la sua onda
    e come quella che dai al mondo
    nei suoi, colori stessi
    che non sono, che semplici riflessi
    sopra le cose di questa natura
    dove in sulla superficie
    ne sai dar, felice lustro

    e il vero senso, a tutto questo
    di cui tu ne sei, il vero centro
    quello appunto che le stesse, celan dentro
    così come ad una amore, che più non c'è
    importando in me, pensiero positivo
    della meravigliosa vita, che oggi è
    e che da sempre ne dai, il ver motivo
    come in ogni sua cosa, in essa vissuta
    comprendendone
    e ogni triste cosa, in essa accaduta
    annullandone.

    E se mi lasci, per dei giorni
    dietro stai e paziente aspetti
    sapendo che, presto tu ritorni
    puntuale a ridar spinta, ad un nuovo giorno
    nel mio desiderar un tuo, dolce ritorno
    lasciando dietro te il tramonto stanco
    di un giorno pien di luce
    che per te, è lavoro faticoso
    quando finalmente scende
    con romantica veste, del tuo riposo
    nella notte il buio
    per regalarmi un'altra ancor
    magnifica alba, di questo luglio
    splendido giorno, di nuovo sole
    ad ammirar la tua nuova luce
    e rimaner, senza parole.

    Quanto ti desidero, e sempre ti amerò
    più, di ogni cosa
    che di questo mondo, conoscerò
    che sei la mia vita e che mai, la tradirà
    perché prima di me la tua luce
    bianca-giallo, o arancio-rosa
    mai, morirà

    nell'infaticabile continuo, della tua opera
    magnifichi la vita, della sua potenza
    che in ogni giorno, nuovo supera
    la comunione di me uomo con la natura
    che il mio sguardo illumina, di bellezza immensa.

    Artefice di pace
    avvenuta, con il mondo
    per la tua luce che al contempo, brilla e tace
    annientando, fino in fondo
    di solitudine, il mio mostro
    che nell'abbandono aleggia
    quando il sentimento, divien ricordo nostro.

    E se, spavaldo sei
    per l'impareggiabile, tua forza
    ricordi anche, ai pensieri miei
    che verso la serenità
    soddisfi, la mia rincorsa
    perché semplicemente, ne sei l'essenza
    nel saper donar la pura gioia
    che tutto nonostante, vivo io
    solo e sempre
    grazie, alla tua potenza
    Sole mio, Sole Dio.
    Davide Petrinca
    Composta giovedì 28 giugno 2012
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      Alberi soli

      Celesti macchie di cielo
      in una nera di rami selva
      d'infiniti alberi soli
      sopra un bianco e lucente
      di neve tappeto d'erba
      e io qui solo a meditar
      su questa loro dimenticata terra
      così tanto sola
      ma con anche tanta pace
      e qui mai nessuna guerra.

      E riprendo la mia discesa
      per tornare giù in città
      nevrotica e frastornata
      da rumori e schiamazzi
      della sua più sciocca mondanità
      ma rivedo ancora lei sempre sola
      come si sentisse da me spiata
      la stessa colta tra que rami
      solita mia adorata luna
      la stessa vista sopra quella cima
      montagna di nessuno
      soltanto qualche ora prima
      e oggi dal sole più che mai glassata
      ma differenza non c'è alcuna
      sotto la sua argentea luce bianca
      sempre solo vedo alberi soli
      tra quelli del silenzio
      o come questi del frastuono
      e nel mezzo sempre vive
      ogni giorno lo stesso vuoto
      di un cuore solitario
      nel suo fremente e silente suono
      da sempre e ancora solo
      solo insieme ad alberi soli
      come quelli di un ceduo bosco
      o come gli altri tra morse di città
      che più non riconosco
      vivendo l'illusione di uno specchio
      perso d'immensa folla
      o in boschi riflessi di società
      ma io nel loro mezzo
      solo e perso, son finito
      il mio cuore ormai
      da quel lontano tempo è solo
      debole e intorpidito.

      E in ogni alba del suo risveglio
      per ogni suo giorno nuovo
      ogni albero è solo un uomo
      sempre e soltanto solo
      che nasce da germoglio di radici
      e cresce da sua linfa
      cattura luce dentro foglie
      fino a che dà frutti
      dopo che si dischiude
      nel suo più bel fiore
      per poi sul finire
      soltanto dover seccare
      come un albero così un uomo
      che solo e dentro muore
      dopo aver perduto
      il suo unico vero amore
      e senza aver nessuno
      a cui poterlo raccontare
      come insieme ad altri amor mai colti
      perché caduti frutti
      macerati al sole.

      Ciclo stagionale che da sempre si ripete
      quando al suo finale
      del più grave giro suo vitale
      alberi che muoiono
      sopr'altri finiti legni
      lungo fiumi di lente fluitazioni
      uomini che son alberi
      cuori che son fiori
      strappati amori di vite separate
      e deforestazioni
      luce era linfa tra le foglie
      emozioni eran vita sulla pelle
      ma tutte disperse in malevoli parole
      nella rete di ostili maglie
      o dentro labirinti di fragili relazioni
      dove infine tutto è sapone
      solo d'infinite bolle.

      E resta solo vana vita di sol fatica
      che erge da radici verso il sole
      e in terra crolla poi nel suo tremore
      quella terra ormai nemica
      di uomini che son caduti
      come di alberi abbattuti
      dopo che son rimasti soli
      per tutta la loro vita.
      Davide Petrinca
      Composta domenica 10 giugno 2012
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        La seggiovia

        Sabato mattina, nove in punto
        seduto su una seggiovia, risalente
        alte quote dell'innevata, montagna divertente
        mi preparo alla discesa, di piste bianche
        pronte a regalarmi, il bel momento
        di sano e assicurato, divertimento.

        Neve timida, ieri appena nata
        che nella notte dal gelo, era assopita
        ed ora al mattino, risvegliata
        in piena freschezza, e candido splendore
        come di luce, riflessa e brillante
        grazie alla stella, del più arrogante sol levante
        che gira il mondo nella potenza, del suo motore.

        Stagliata prepotente
        il suo disco gelido
        e dal giallo, pallido e potente
        su un azzurro, come sfondo
        di velato cielo, lievemente
        puro e incontaminato
        e più, dell'oceano profondo
        e infine accorgersi, semplicemente
        da qui soltanto
        di quanto, e così tanto
        è meravigliaso, questo mondo.

        Un paesaggio, commovente
        che sprigiona forza, rigenerante
        da far rinascere, anche il mio cuor morente
        un energia intorno a me
        che nell'aria, si avverte e sente
        ma una felicità che è tutta solo, fuori di me
        se il mio pensiero è ancor, centrato tutto su di te.

        C'è un timido telefono, sul mio petto
        in quella tasca, chiuso e tenuto stretto
        e addormentato, ormai da troppo tempo
        quante volte, da me afferrato
        ma poi delusamente, riposto sempre
        nel viaggio di quella, seggiovia risalente
        e senza un messaggio o nessuno, che mi ha cercato.

        E seduto, sulla seggiovia
        continua quella, triste mia
        spettacolare risalita
        assorto, e sconsolato
        triste, ma poi accecato
        per come brilla, il candore
        di quel mattino, col suo bagliore.

        Ma l'esterna felicità, proprio non mi desta
        e questa solitudine, è davvero una tormenta
        di altra neve, che non è questa
        ma quella che fuori osservo
        e la cui bellezza, quasi mi spaventa.

        E al guardar del mio orologio
        da un nodo in gola
        un singhiozzo, mi sfugge via
        per non essere da Lei notato
        la compagna di seggiovia.

        E quei numeri delle nove e 10, presto non vedo più
        sotto una lacrima caduta, sopra il suo quadrante
        alla vista di un paesaggio, mai tanto emozionante
        e per un cielo, mai visto così blu.

        E trova sfogo, quel mio pianto
        da un brivido di serenità
        che mi scorre dentro
        e che solo ora, sento davvero mia
        quando giunto in cima, lascio la seggiovia.

        Ora non è più solo, non più abbandonato
        il mio cuore, davvero è rinato
        nel mio respiro della neve
        nel mio sguardo, incantato.

        E la mia solitudine
        la riconosco, in quell'uccello
        fermo al centro, della pista mia
        e ora che mi accingo alla discesa
        sceso, dalla seggiovia
        lo vedo meglio minaccioso e nero, proprio quello
        ma con un batter d'ali, Lui e Lei
        presto insieme, volano via.
        Davide Petrinca
        Composta venerdì 6 gennaio 2012
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          Quando si spengono le luci

          Tace guerra, nella notte intera
          dove nel silenzio, dolce impera
          solo mite bontà apparente
          di pace raccontata
          dal sussurro, di una casa addormentata
          finta tregua incalzante
          allo scandir, del buio peggio
          breve ansia, del mio dolce viaggio
          al salotto della calma
          dove presto è svanito
          il guerriero sguardo
          dal vano, suo coraggio.

          Le ostilità, non fanno un passo
          le divisioni, sono in regresso
          nella placata mente, d'incoscienza
          e forse è quella la sua chiave
          a guarire la sua innata, deficienza
          che nella luce mai si spegne.

          Ma nella notte, si abbandona la difesa
          che non sa verso, o contro cosa
          perché non vuole, mai capire
          che la vita, non è mentire
          ma non altro che un breve, divenire
          da vedere, solo dall'alto
          a ragione presa
          che conquista finalmente
          suprema la saggezza
          ma lei resta, sempre incompresa.

          E all'indomani, torna la sconfitta
          e troppo presto, è ripresa tutta
          nell'infausto vortice, la belva vita
          con violento scatto
          sotto luci che riaccende
          il nevrotico suo moto
          e alla pace, le fa scacco
          in questa somma, umana terra
          dove assurda regna
          sempre nostra guerra.
          Davide Petrinca
          Composta domenica 5 febbraio 2012
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            Compagna città

            Dolce malinconica sera, cullata
            da leggera e timida pioggia
            così come ora è
            la mia anima, abbandonata
            che oggi al suo passato, vuol tornare
            dentro quelle tue vie, vicino al mare.

            E ripercorrendo, una tua via
            della mia memoria ti fai mappa
            dove ogni tuo angolo o locale
            è un dolce richiamo, di nostalgia
            timido e lontano eco
            di vita passata insieme a Lei.

            Ed è un vero mistero, come se
            sembra tu sappia, tutto di me
            e così meravigliosamente voler
            questa sera accompagnarmi
            e quasi adombrarti, il tuo cuore
            a rispetto di quel perduto
            e oggi rivissuto, mio unico vero amore.

            Nel più assoluto tuo silenzio
            che oggi, impera in te
            ed è, lo stesso che
            ora, regna in me.

            Nel tuo freddo, di una stagione
            lo stesso che dentro me
            or m'invade
            come nella tua pioggia e del mio cuore
            la stessa che ora scende, nelle tue strade.

            Nell'assente luce, di questa via
            come ora è, ogni emozione mia
            che le stesse sempre, rivivrei
            nel tempo che fu, insieme a Lei.

            E nel mio cammino, solo e muto
            ad un tuo incrocio giungo
            d'istinto il mio sguardo, si volge ad essa
            su quella strada e quanto, il nostro vissuto
            ma ora più che mai, deserta anch'essa.

            Poi su quell'insegne, del locale a noi preferito
            ma ora, più che mai spente
            e proprio in esso d'un solo colpo
            la nostra storia, rivedo tutta
            ma in quelle chiuse, finestre bianche
            la sua fine anche.

            Solo e perso, nella nostalgia
            il mio cuore fermarsi voler, m'è sembrato
            su questo di scelte, tuo crocevia
            e come se il mio corpo, qui si ancorerà
            nell'abbandono, a quel passato
            di una vita che tale più essere, non potrà
            senza Lei.

            Ma forza misteriosa, forse primordiale
            volontà di vita, cieca e irrazionale
            in me nel mio più remoto, e lontano fondo
            della mia anima, lentamente cresce
            e dentro me, si risveglia un mondo
            e timidamente, lei riesce
            a far rivolgere il mio sguardo
            avanti a me.

            Così, anche nel tuo buio cielo
            sotto cui, il mio corpo è catturato
            e più spinta non riceve
            da un cuore che racchiude
            ormai spento, e frantumato
            solo con la mente, navigando
            istinto vitale ritrovo e posso
            del passato, l'ancora risollevare
            per lanciarmi quasi, come volando
            ad andare, ancora oltre
            questa tua attuale
            di nebbia, grigia coltre
            verso il sereno dell'azzurro
            che forse domani rivedrò.

            Cara compagna di questa mia sera
            anche se da un tuo incrocio
            resto immobilizzato
            per un pensiero, al cui passato
            è troppo saldamente, qui agganciato
            e nel labirinto delle tue strade, mi ritrovo perso
            per una nostalgia, qui più che altrove rivissuta
            e in essa immerso
            ma dai tuoi asfalti forza nelle gambe
            riesco a ritrovare
            per proseguire, nell'attraversare
            oltre quell'incrocio, lungo la mia strada
            riprendo a camminare.

            Teatro dei miei natali
            e di un grande, perduto amore
            spettatrice silenziosa
            così come, di tanta gioia mia
            e di tanto, mio dolore
            ora che ho perso, la mia più bella cosa
            tu mai ti stanchi, a farmi compagnia

            che sei la mia speranza, mai morente
            in questa particolare sera
            soli rimasti, sei ora tu soltanto
            mai gelosa, e presente sempre
            il mio eterno e fisso, riferimento
            e fedele, per l'eternità
            l'amata mia compagna
            l'unica, che mai mi tradirà
            l'unica, che mai mi abbandonerà
            cara mia città.
            Davide Petrinca
            Composta sabato 26 maggio 2012
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              Immobile mia domenica

              Di malinconia ti ricopre, un triste velo
              che da sempre, agli occhi miei
              scolora i lunghi, pomeriggi tuoi
              e isola dal mondo, il mio cuore
              solo, ad ascoltare
              il silenzio delle tue, immobili ore.

              Non mi regali che nostalgia
              da quando, mia nemica sei
              ormai da anni, che è svanita Lei
              a riempire quelle tue, immobili ore
              come immobile è questa, mia ferma vita
              nella malinconia che mi scorre, tra le dita
              ogni volta in particolare, quando torni col tuo sole.

              E dal mio letto il pensiero, è ancor più intenso
              di un abbandono ne coglie, il profondo senso
              e se, le più felici albe
              nei mattini estivi, vanno a colorar
              di azzurro i mari, e di verde i monti
              io presto, vengo risvegliato
              ma quelle stesse albe
              non son per me, che già tramonti
              dentro un cuore, non più emozionato
              ormai da anni
              che la mia stella, mi ha già lasciato.

              Ma un altr'alba puntuale, sempre torna
              a bussare, alla mia stanza
              di tiepidi e timidi raggi, d'estiva bellezza
              al mattino e al pien, della sua freschezza
              e prepotente, la sua luce avanza
              come una gratuita, di calor carezza
              fino a sfiorar il mio spento viso, teneramente
              ma subito in men di un attimo
              lei precipita, dolcemente
              nel mio, cuore affranto
              e ora già, troppo stanco
              perché ormai, vittima tua
              da troppo tempo.

              E vien presto ad annunciarmi, che è già sera
              preannuncio di un domani
              alba, di una nuova settimana
              che come me, ormai più non spera
              se ogni speranza, sarà già vana
              quando di nuovo, tornerai
              so che volto, ancor non cambierai
              da anni ormai
              e come nella mia, grande gioia
              così anche nella mia, profonda noia
              che in te è, davvero unica
              immobile, mia domenica.
              Davide Petrinca
              Composta domenica 27 maggio 2012
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                L'incrocio

                Quella sera
                quanto, avrei desiderato
                tornare indietro
                dopo aver, tutto dimenticato.

                Quanto, avrei desiderato
                cancellar tutto quel che di brutto
                tra noi è stato.

                Quanto, avrei desiderato
                finisse tutto in un abbraccio
                per un amore, ritrovato.

                Quando giunti due cammini
                al giallo palo di un semaforo
                solo lui ad illuminar, la prima sera
                nel buio fondo di metropolitane vie
                nel dicembre, della festa più sincera.

                E incurante sbatte il suo lampeggio
                sui due nostri, spenti visi
                così gelidamente, tristi e tesi
                come per accompagnar
                con sua luce alterna, di quei riflessi
                l'emozionato batter, dei nostri cuor anch'essi.

                Quanto, amaro fu
                il nostro conversar, di quella sera
                perché soltanto, avevi voluto tu
                ricostruir quel che da tempo, ormai più non c'era
                come sotto un cielo, che più non spera
                il sole dell'indomani, se la notte cela
                nelle sue nubi, la tempesta più nera.

                E presto, come brilla e tuona
                su quell'incrocio, violento temporale
                da un ultimo grave, nostro duro scontro
                quanto fuori gelo, e quanto dentro male
                a ricordar, come magico risuona
                da un altra lontana via
                quel remoto primo, nostro dolce incontro.

                Ascolto un eco, viaggiar nel vento
                di parole dall'altra via, e che or più non posso
                raccontare a te, sul finir di questa sera
                vincer lo spazio, e superar il tempo
                e sentirsi, ancora addosso
                quella ora persa, gioia vera.

                Rivissuti, in un sol momento
                quel lontano primo
                come ora ormai, ultimo nostro incontro
                senza oggi neppur, un dignitoso addio
                a quel dolce e per sempre perso, amore mio.

                Per poi noi svanire, in opposte direzioni
                e dall'esplodere di quell'incrocio, spiccar il volo
                quando sotto quella nuvola, piovon solo
                ormai morte le nostre dimenticate, emozioni.

                Quindi, volger le spalle
                per mai più voltarsi indietro
                e riprender, sotto fioche stelle
                il mio cammino
                ma subito, anche quelle
                son deboli luci o quasi, inanimati sassi
                a sembrar, morenti lucciole
                e io ora ancor più affranto, coi mie passi
                a calpestar, le rimaste briciole
                lungo il finire, della strada

                di questa nostra, consumata storia
                dove più, non ti ho incontrata.

                Quanto infelice, questo nostro fato
                per quel che presto, a noi ha riservato
                se dal silenzio, resto invaso
                fin dentro, le mie ossa
                e quella luce, non più ho trovato
                quand'avvien al buio, il mio rincaso
                e quel vuoto, mai più passa.

                Di Lei, a me non più vicino
                che nel sonno, torna puntuale
                triste sogno, per lui trappola fatale
                quell'incrocio, rimasto dentro al mio cuscino.

                Quando in sogno, torna così com'era
                sempre, quella stessa sera
                quanto, avrei desiderato
                tornare indietro
                dopo aver, tutto dimenticato.

                Quanto, avrei desiderato
                cancellar tutto quel che di brutto
                tra noi è stato.

                Quanto, avrei desiderato
                finisse tutto in un abbraccio
                per un amore, ritrovato.

                Ma nuova luce, del mattino
                libera quell'incrocio
                dalla trappola, del mio cuscino
                e tutto quello non era altro, che il mio bisogno
                di Lei solo, ma or non può
                che restare, soltanto un sogno.
                Davide Petrinca
                Composta lunedì 26 dicembre 2011
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                  Notte delle notti

                  Cara nostra vecchia complice
                  in cui, un amore rifugiare
                  la mia stanza
                  solo, per lo spettacolo da osservare
                  noi affacciati, dalla sua finestra
                  e lei spalancata sul mondo, intero in festa.

                  Come quella, dei nostri cuori
                  in una magicamente calda
                  notte d'inverno
                  e i nostri volti
                  lampi di petardi illuminavano
                  mentre le nostre mani
                  arditamente si cercavano
                  per stringersi di promessa
                  d'amore eterno.

                  Il battito del mio cuore più forte
                  di quella di artificiosi fuochi
                  fragorosa tempesta
                  della notte delle notti
                  mai vista prima, così in festa.

                  Mille colori e luci
                  da un accecante bagliore
                  sembravano volere annunciare
                  con l'arrivo di un nuovo anno
                  quello, di un nuovo amore
                  di una nuova vita
                  come la nostra
                  e quella notte stessa
                  era la regina delle notti
                  e nostra alba principessa.

                  Stessa stanza, un anno dopo
                  muto e immobile il mio volto
                  come, in una triste foto
                  così, mi appar riflesso
                  dietro la fredda lastra
                  di quel vetro stesso
                  di quella finestra
                  che ora il freddo chiude fuori
                  di questa notte, e del suo gelido vento
                  come chiuso adesso, è il mio cuore
                  per il gelo, che mi ristagna dentro.

                  Che baldoria
                  quanto rumore, questa notte
                  ma tutto sordo reso
                  al di là, di quella finestra
                  che ora chiusa, è lei più forte
                  di quel rumore, nel soffocare quella festa
                  la gioia che
                  oltre, la mia stanza è
                  e solo fuori di me, lei resta.

                  Lacerato da un assordante
                  silenzio solitario
                  abbandonato ed immerso in esso
                  ed in mano, il nostro falso calendario
                  mi assorbo dentro tutto il tramonto
                  di quel passato ormai già
                  scorso anno
                  di quella passata ormai già
                  lontana vita
                  di quel passato ormai già
                  perduto amore.

                  È la notte del mio cuore, e del suo inverno
                  e batter non vuole, senza un vero senso
                  sprofondato, in un eterno
                  e profondo, sonno intenso.

                  Ma vivo e nella speranza
                  di ritrovata serenità
                  in questa notte delle notti
                  paziente e all'infinto
                  anche invano attenderà
                  con la mia nuova alba, un nuovo giorno
                  con il mio nuovo anno, una nuova vita
                  con il mio, nuovo cuore
                  non un nuovo, ma il ritorno del passato
                  giorno dei giorni
                  in questa notte delle notti
                  per il mio ritrovato
                  mio unico amore.
                  Davide Petrinca
                  Composta lunedì 31 dicembre 2012
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                    Deserto

                    Giunto a sconosciuto mondo
                    isola da oscura terra
                    è approdato, il mio sguardo perso
                    e nel buio pesto, è tutto immerso
                    che da lontana terra, provenuto
                    qui solo, naufragando
                    alcuna vita, ha trovato.

                    E mi giro ancora, non mi arrendo
                    a guardare sempre, verso il mare
                    dove l'altra come anche, nuova terra
                    più non riesco, ad osservare.

                    E sopra questo, orizzonte nuovo
                    solo col mio sguardo, prendo il volo
                    ma presto a terra, torna rassegnato
                    se la distanza immane
                    la mia terra a quello
                    del tutto ormai, ha cancellato.

                    Davanti, infinito mare aperto
                    dietro, solo arido deserto
                    ed in mezzo, il mio sguardo è perso
                    qui solo, naufragando
                    e mi giro ancora, non mi arrendo
                    a guardare sempre, verso il mare
                    dove l'altra terra
                    riesco ora, ad osservare.

                    E di nuovo mi rigiro
                    ma stavolta verso il deserto
                    e incredibilmente, lui scompare
                    e al suo posto
                    nel mio sguardo, non più perso

                    forma prende, un altro mare
                    quello che incantati
                    restavamo, ore ed ore
                    io e te, ad osservare.

                    E non ho più paura, del deserto
                    se intorno ad esso
                    vedo solo, mare aperto
                    perché nel mio sguardo
                    della mente, vedo adesso
                    io e te, insieme al nostro mare
                    che restavamo, ore ed ore
                    in silenzio, ad osservare.
                    Davide Petrinca
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