Le migliori poesie di Alfonso Gatto

Poeta, nato sabato 17 luglio 1909 a Salerno (Italia), morto lunedì 8 marzo 1976 a Capalbio (Italia)
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Scritta da: Cheope

La partita di calcio

Boccaccio era il portiere,
il gran portiere giallo
della squadra del quartiere.
Stava all’erta come un gallo

sulla porta del campetto
alla periferia.
Diceva: "Qua sul petto,
ed ogni palla è mia".

Ma quel giorno, chi lo sa,
sbuca di qua sbuca di là
- Boccaccio attento! - pa pa
la palla è in rete. "Ma va,
ma va, Boccaccio, è uno".

Attento, di qua di là,
passa non passa, tira.
Boccaccio si rigira;
si tuffa - passerà?-
"Qui non passa nessuno",
ma la palla è nel sacco.

E son due. Lo smacco,
i fischi, e poi sotto...
"Salta a pugno, Boccaccio,
ma non la vedi dov’è,
salta, salta"... E son tre.

E quattro e cinque e sei.
- Boccaccio dove sei?-
E sette e otto e nove
e piove e piove e piove
con grandine e con tuoni.  
Quattordici palloni
nella rete di Boccaccio
poveretto poveraccio,
bianco come uno straccio
col berretto da fantino
ubriaco senza vino.

Quanti fischi! e poi "cretino",
"pastafrolla", "posapiano",
"tappabuchi", "moscardino!"
Oh, quel povero Boccaccio
nella furia del baccano
si strappava i suoi capelli
e la folla dai cancelli
gli gridava: "Ancora, ancora".

Tutti tutti, ad uno ad uno
si strappò capelli e baffi
e poi schiaffi sopra schiaffi
si ridette per lezione.
Restò lì con la sua testa
tonda, liscia come palla.
"Oh, son quindici con questa
- gli gridò dietro la folla -
tappabuchi, pastafrolla
vai a guardia d’un portone!"

E difatti il buon Boccaccio
col berretto e col gallone,
mani pronte e spazzolone,
oggi è a guardia d’un portone
dove passano persone
che fermare egli non può,
dieci venti cento e più.
Alfonso Gatto
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    Chiesa veneziana

    Così, da sempre, come una memoria
    che mai giunge a sbiadirsi, che mai
    perde
    la traccia immaginosa, questa storia
    di pietra e d'acqua, di laguna verde,

    tratteggiata dai neri colombari
    delle mura, da lapidi di rosa,
    s'è fatta chiesa aperta agli estuari,
    all'incrocio dei venti. Non riposa

    mai tomba che non veda la sua morte
    frangersi ancora contro il nero eterno.
    E le gondole, battono alle porte
    i lugubri mareggi dell'inverno.
    Alfonso Gatto
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      Scritta da: underdog

      Elegia

      Padre vinto nel sonno
      oscuro e lontano,
      il bambino ti sveglia con la mano.
      Ancora nato nel tuo sogno chiede
      ricordo dell'età che ti correva
      giovane agli occhi,
      mesto al sollievo della sua sembianza
      non vuole che tu creda
      la morte buia nell'eternità.
      Era così soave il cielo intorno,
      a respiro e a cadenza della sera
      tu mi portavi in braccio al sonno
      fresco di primavera.
      Forse è questo la morte, un ricordare
      l'ultima voce che ci spense il giorno.
      Alfonso Gatto
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        Scritta da: Cheope

        Il bambino di gomma

        Melampo era un bambino
        di gomma e cancellava
        i passi che segnava
        mettendosi in cammino.

        Era di gomma rossa,
        tondo come una palla,
        e stava sempre a galla
        nel bagno, e senza ossa

        dolce, tenero, buono,
        scendeva dalle scale
        senza mai farsi male
        saltando dal balcone.

        A scuola era bocciato,
        sempre il quaderno bianco!
        Eppure era il più franco
        a scrivere il dettato.

        Scriveva e poi cassava
        con la mano di gomma,
        i numeri, la somma,
        le lettere, e tornava

        a scrivere, a cassare.
        E sempre zitto rosso
        con tutti gli occhi addosso
        senza poter parlare.

        O povero Melampo!
        Un giorno, detto fatto,
        saltò su di scatto
        e si bucò la pancia.

        Fischiò come un pallone
        sgonfiato d'ogni affanno
        e visse senza danno
        tappando col bottone

        il buco della pancia.

        Visse nel tempo antico
        Melampo - ve l'ho detto? -
        Fischiò col suo fischietto
        premendosi a soffietto
        il disco all'ombelico.
        Alfonso Gatto
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          Scritta da: alessia14

          A vortice s'abbatte

          A vortice s'abbatte
          sul mio capo reclinato
          un suono d'agri lazzi.
          Scotta la terra percorsa
          da shembe ombre di pinastri,
          e al mare là in fondo fa velo
          più che i rami, allo sguardo, l'afa che a tratti erompe
          dal suolo che si avvena.
          Quando più sordo o meno il ribollio dell'acque
          che s'ingorgano
          accanto a lunghe secche mi raggiunge:
          o è un bombo talvolta ed un ripiovere
          di schiume sulle rocce.
          Come rialzo il viso, ecco cessare
          i tagli sul mio capo; e via scoccare
          verso le strepeanti acque,
          frecciate biancazzurre, due ghiandaie.
          Alfonso Gatto
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            Scritta da: Silvana Stremiz

            Amore della vita

            Io vedo i grandi alberi della sera
            che innalzano il cielo dei boulevards,
            le carrozze di Roma che alle tombe
            dell'Appia antica portano la luna.

            Tutto di noi gran tempo ebbe la morte.

            Pure, lunga la vita fu alla sera
            di sguardi ad ogni casa, e oltre il cielo,
            alle luci sorgenti ai campanili
            ai nomi azzurri delle insegne, il cuore
            mai più risponderà?

            Oh, tra i rami grondanti di case e cielo
            il cielo dei boulevards,
            cielo chiaro di rondini!

            O sera umana di noi raccolti
            uomini stanchi uomini buoni,
            il nostro dolce parlare
            nel mondo senza paura.

            Tornerà tornerà,
            d'un balzo il cuore
            desto
            avrà parole?
            Chiamerà le cose, le luci, i vivi?

            I morti, i vinti, chi li desterà?
            Alfonso Gatto
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