Commenti a "Si continua a percorrere la medesima strada..." di Giulio Pintus


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postato da bluedeep, il
Coloro che, non essendo arrivati in qualche luogo, dopo aver dichiarato il desiderio di volerlo raggiungere, adducendo come motivazione per non averlo raggiunto, il fatto che non gli interessava poi un granchè arrivarci, ebbene, questi, mentono a se stessi , prima che agli altri.
Costoro, tuttavia, non sono coscienti di tale falsità, di tale errore, se , infatti, se ne convincessero, sarebbero nel giusto e non più in errore.
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postato da , il
Spesso il vero errore è convincersi di essere in errore, mentre invece si sta facendo la cosa migliore, o comunque l'unica cosa giusta possibile, o addirittura l'unica cosa possibile.
   Un tempo abitavo in un luogo sperduto, in cui era difficile arrivare. Molti sbagliavano strada, ma poi arrivavano. Non arrivavano solo quelli che... non volevano venirci. Morale: quello che conta è il motore, e la volontà e la forza di guidare. Poi, anche se sbagli strada, se VUOI DAVVERO arrivare da qualche parte, ci arrivi sicuro.
    Conclusione pratica: chiunque si rammarichi di non essere arrivato da qualche parte, guardi bene in fondo a se stesso, e molto probabilmente scoprirà che in quel luogo, in definitiva, arrivarci non gli interessava un gran che. : ))
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postato da , il
Non è escluso che, modificandola, si passi dalla padella alla brace. Infatti esiste pure la conversa: "gutta cavat lapidem". La perseveranza come virtù o come vizio? Comunque Flaiano: "Ci sono molti modi di arrivare, il migliore è di non partire".
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postato da bluedeep, il
Credo che dietro alla convinzione che il ripercorrere la stessa strada continuamente ci  conduca altrove, vi sia il desiderio di percorrerne un' altra o delle altre , ma che l' abitudine e la  paura inibiscano tale desiderio facendolo annichilire in speranza irrazionale.
Tutto dunque si rifà al desiderio ma se desiderare di " sbagliare " è desiderare di cambiare strada , rimanere sulla stessa strada è un' errore . Tuttavia chi vi rimane (sulla stessa strada) lo fa proprio per paura di non sbagliare.
Ora , chi rimane sulla medesima , sbaglia di certo , chi la cambia potrebbe anche trovare quella giusta.
Non ti pare ?
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postato da , il
Un bel pensiero, davvero. L'ho visto solo ora.
Però per cambiare le cose non basta mutare le abitudini e tenersi pronti al nuovo.
E' un problema di baricentro interiore. Come quei pupazzetti per bambini che, comunque li lanci in aria, cadono sempre in piedi, alla stessa maniera ciascuno di noi ha un suo baricentro che lo fa ricadere sempre  nei medesimi errori o comunque nel medesimo schema di vita e sulla stessa strada.
   Bisogna quindi cambiare dentro, secondo me. A partire dalle proprie inclinazioni, dai propri interessi, dai propri fini.
   Ma è poi proprio necessario imporsi di cambiare?
   Siamo realisti: se rimaniamo sulla stessa strada, è perché la riteniamo in fin dei conti più gratificante di altre. E allora perché imporsi di percorrere una via che in realtà NON SI VUOLE percorrere? E' probabilmente meglio lasciarsi evolvere spontaneamente: saremo almeno sicuri di fare, sempre, ciò che davvero desideriamo fare.
    Quando poi il fuoco ci scotterà, scapperemo, e sapremo ben dove andare per non finire arrostiti. Perché non scappare prima? Semplice: perché il nostro baricentro interiore ci ricondurrebbe sempre, prima o poi, nel nostro personalissimo purgatorio, cioè sulla medesima strada.
    PS: parlo per esperienza personale. Per una vita ho tentato il metodo di Vittorio Alfieri, e anche quello di Samuele Smiles (facevano parte della tradizione di famiglia), ma alla fine ho sempre fatto tutto ciò che volevo; e non ne sono affatto pentito, pur avendo commesso più errori e stravaganze, e avendo passato più momenti terribili di quanti se ne possano mai immaginare.
    Risultato: oggi alcuni errori non li commetterei più: la loro epoca è finita, perché sono cambiato io, dentro di me. Altri "errori", invece, li commetto ancora, per il semplice motivo che... non sono (ancora?) convinto che siano errori, anche se fanno molto male.

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