C'è una luce diversa nell'autunno. C'è una velleità di tregua, un bisogno di lasciare le folle ed avvolgersi nei colori dei boschi e nelle case. È una quiete apparente. È un sussurro ambrato. È un cappotto sgualcito. È un momento delicato. È... l'autunno.
È nell'insieme di tutti noi la soluzione. E il rumore e il caos passeranno.
Non è più il tempo di pensare, di credere o di scrivere dell'amore, è il tempo di esserlo.
I bisnonni, le nonne, le mamme ci hanno insegnato come diventare chef! Non è questione di studiare scienza e chimica in cucina, è questione di amore, di prove, di tradizioni. Nessuno potrà mai ritenersi chef se non ha avuto il seme della passione e della cura di chi ci ha sfamato.
Ho visto l'autunno, l'ho visto bene. L'ho contemplato. L'ho capito. E mi sono innamorato.
La primavera è l'inverno assopito che dipinge fiori tra la neve, per farsi ricordare.
Lo so è difficile rialzare la testa quando sei triste, ma credimi passerà. Combatti, danza, sorridi, spera, apprezza, sogna. Tutto ricomincia, nulla ha mai una fine!
Sento l'autunno nel bosco che cambia, lo sento tra i miei passi scricchiolanti di foglie secche, nell'ultima ghianda caduta a terra. Quell'autunno generoso di brezze miti e di caldi abbracci quando si fa sera. Adoro il mio autunno, tra le piccole baite pronte ad accogliere la neve. Lo cerco. Mi risponde. Soave. S'inchina.
Questa mattina ho trovato l'autunno tra i miei quaderni d'infanzia. Qualche foglia è rimasta lì, tra quelle pagine strapiene di "pensierini". E già lo amavo. Scrivevo tra le righe larghe, del "vento che le portava giù, poi le faceva rivolare su". Mi sembra ancora di sentire il profumo delle prime caldarroste e del muschio bagnato. Era Autunno. Primavera del cuore.
Ti porto con me in un posto dove l'aria assomiglia alla libertà e dove la terra è dipinta di spontaneità. Ti porto con me in un posto chiamato "montagna".