Scritta da: Elisa M.
Anche lei, quando la nave aveva lanciato il primo addio, quando era stata tolta la passerella e i rimorchiatori avevano cominciato a trainarla, ad allontanarla dalla terra, aveva pianto.
Lo aveva fatto nascondendo le lacrime, perché lui era cinese e non si doveva piangere quel genere di amanti, nascondendo alla madre e al fratellino il suo dolore, senza lasciar trasparire niente, come erano abituati a fare tra di loro.
La grossa automobile era lì, lunga e nera, con l'autista vestito di bianco al volante. Era un po' in disparte dal parcheggio delle Messaggerie Marittime, isolata.
L'aveva riconosciuta da questo.
Era lui sul sedile posteriore, quella forma appena visibile, immobile, abbattuta. Lei stava appoggiata al parapetto.
Come sul traghetto, la prima volta, sapeva che la stava guardando. Anche lei lo guardava, non lo vedeva più ma continuava a guardare verso la forma dell'automobile nera.
E poi alla fine non l'aveva più vista. Era sparito il porto e poi la terra.

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