E, tanto per cominciare, chi non sa che la prima età dell'uomo è per tutti di gran lunga la più lieta e gradevole?
Ma che cosa hanno i bambini per indurci a baciarli, ad abbracciarli, a vezzeggiarli tanto che, persino il nemico presta loro soccorso?
Che cosa, se non la grazia che viene dalla mancanza di senno, quella grazia che la provvida natura s'industria d'infondere nei neonati perché con una sorta di piacevole compenso possano addolcire le fatiche di chi li alleva e conciliarsi la simpatia di chi deve proteggerli?
E l'adolescenza che segue l'infanzia, quanto piace a tutti, quale sincero trasporto suscita, quali amorevoli cure riceve, con quanta bontà tutti le tendono una mano!
Ma dove, di grazia, questa benevolenza per la gioventù? Di dove, se non da me? È per merito mio che i giovani sono così privi di senno; è per questo che sono sempre di buon umore. Mentirei, tuttavia, se non ammettessi che appena sono un po' cresciuti, e con l'esperienza e l'educazione cominciano ad acquisire una certa maturità, subito sfiorisce la loro bellezza, s'illanguidisce la loro alacrità, s'inaridisce la loro attrattiva, vien meno il loro vigore. Quanto più si allontanano da me, tanto meno vivono, finché non sopraggiunge la gravosa vecchiaia, la molesta vecchiaia, odiosa non solo agli altri, ma anche a se stessa. Nessuno dei mortali riuscirebbe a sopportarla se, ancora una volta, impietosita da tanto soffrire non venissi in aiuto io [...]. Se poi qualcuno vuol sapere come opero questa trasformazione, neppure su questo farò misteri.
Conduco i vecchi alla fonte della mia ninfa [...]. Lì, bevute a grandi sorsi le acque dell'oblio, un poco alla volta, dissipati gli affanni, torneranno bambini.

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